Alla fine gli organizzatori hanno sostituito nella locandina la dicitura “Università di Rijeka” con quella di “Università di Fiume”. Ora, almeno per l’Università, scrivere Fiume è possibile. Un passo avanti è stato fatto. A provocare il tutto un commento ed una serie di articoli pubblicati da Radio Capodistria. Un bel risultato per la comunità italiana che proprio su nomi e toponimi ha condotto diverse (non sempre vittoriose) battaglie.
In questi giorni più che gioia c’è stata irritazione e nervosismo. Politici, funzionari ed opinionisti hanno fatto a gara per affermare che non ci si deve perdere in simili bazzecole, che bisogna considerare la bontà dell’iniziativa organizzata all’Università e che si continuerà a dare soldi per farla anche in futuro. Sarebbe stato meglio dire: “Quest’anno non siamo stati sufficientemente attenti alla faccenda. Non accadrà più. Scusate”.
Ancora una volta si è persa l’occasione per riflettere su quello che si fa, su come si realizzano le cose e su quali dovrebbero essere gli standard minimi accettabili per promuovere, finanziare e patrocinare le molte iniziative in programma. Scrivere in un testo italiano Fiume significa solamente ed esclusivamente utilizzare correttamente il nome con cui gli italiani chiamano la città. Accade esattamente la stessa cosa quando i croati, nella loro lingua, parlano di Trst e non di Trieste. Utilizzare Fiume, quindi, è una imprescindibile non negoziabile necessità, che dovrebbe essere chiara ai rappresentanti della minoranza ed anche alle autorità diplomatiche italiane. Non è un problema politico, una rivendicazione irredentista e nemmeno vuol dire mettere il piede nella porta per introdurre nel capoluogo del Quarnaro il bilinguismo o per far affiggere all’ingresso di Fiume cartelli con la doppia denominazione. Tutti concetti che, viste le confuse dichiarazioni di questi giorni, in molti fanno molta fatica a capire. Peccato.
Stefano Lusa