Con David Tasić se ne va una delle icone della storia della democratizzazione e dell’indipendenza slovena. Lui, nato in Serbia, è forse la dimostrazione più plastica che quanto accade negli anni Ottanta, in Slovenia, fu un processo politico, più che etnico, che voleva allargare gli spazi di libertà di un regime che avrebbe volentieri voluto conservare il controllo su tutti i gangli della società. All'epoca, lui ed i giornalisti di Mladina, ogni settimana contribuivano a spostare i paletti del consentito, stuzzicando i gerarchi del regime e soprattutto irritando la sensibilità dei militari, che erano considerati i veri e propri custodi dell'otrodossia socialista in Jugoslavia.
Correva il 1988 quando Tasić finì in carcere insieme a Janez Janša, Ivan Borštner e Franci Zavrl, per possesso di documenti tutelati da segreto militare. Venne processato da un tribunale militare e quel procedimento penale divenne il simbolo della repressione dell'Armata Popolare Jugoslava in Slovenia. Un processo fatto in serbo-croato in terra slovena che contribuì a sgretolare in maniera significativa i sempre più tenui legami tra Lubiana ed il resto della federazione socialista e a far crescere il patriottismo e l’anti-jugosalvismo nel paese.
Entrato a pieno titolo nell’Olimpo degli eroi dell’indipendenza, Tasić, alla fine scelse di rimanere in disparte non approfittando di quel episodio che lo rese celebre per fare carriera politica o per lanciarsi nel mondo degli affari. Finita la stagione dell’impegno giornalistico si occupò di libri, fondando una sua casa editrice, la Karantanija, poi si dedicò alla sua passione di collezionista che lo vedeva impegnato nella meticolosa raccolta di onorificenze soprattutto dell’area dell’ex Jugosalvia.
Poco presente sulla scena pubblica slovena, in occasione del 25 anniversario del suo arresto, volle ricordare come il tempo abbia fatto sbiadire il ricordo di quello che fu il regime jugoslavo ed anche di quanto fosse pericolosa la lotta per la democrazia. Una delle sue rare battaglie politiche recenti lo videro a fianco dell’amico Janez Janša e dei suoi sostenitori, nelle proteste contro l’incarcerazione del leader democratico, dopo il processo per le presunte tangenti pagate par la fornitura di una serie di blindati all’esercito sloveno. Accuse e condanna decadute dopo una sentenza della Corte costituzionale. Quello che conta di più oggi è che i compagni di strada di Tasić, che sono andati dall’una e dall’altra parte del litigioso mondo politico sloveno, lo ricordano come un uomo buono.
Stefano Lusa