Se non troveranno i soldi per farlo tornare a casa lo seppelliranno nel cimitero di Pirano. Il bengalese morto di freddo nella valle del Dragogna ora è all’obitorio di Lubiana. La famiglia deve raccimolare i 4.500 euro che servono per farlo rientrare in patria.
La bambina affogata nel Dragogna verrà sepolta, probabilmente questo fine settimana, a Diyarbakır, ovvero ad Amed, la capitale del Kurdistan turco. Entrambi sono morti letteralmente sotto le finestre di casa nostra. Per loro sono state accese candele a Lubiana, sotto il monumento dedicato a France Prešeren. Sono servite a lenire solo in parte una serie di commenti inappropriati che si sono sentiti e letti. Verrebbe da dire che è facile parlare con in tasca un passaporto dell’Unione Europea, che ti consente di andare senza difficoltà in quasi tutti i paesi del mondo. Non è così per un bengalese e non è così nemmeno per un turco. Bisogna ricordare che per loro non basta andare all’agenzia di viaggio sotto casa per comprare un biglietto aereo con destinazione Lubiana, Parigi, Roma o Berlino. Tanto per intenderci, anche avendo i soldi, un turco o un bengalese non si possono far portare con un taxi da Umago a Portorose. Passano, così, guadando i fiumi, superando i rotoli di filo spinato e cercando ci sfuggire ai controlli della polizia.
In Slovenia negli ultimi anni sono morti 23 migranti, nello stesso periodo lungo la rotta balcanica hanno perso la vita circa 200 persone, tra di essi anche altri sue bambini. Solo in questi casi i riflettori si sono nuovamente riaccesi su un dramma umanitario di cui l’Unione Europea, la Slovenia e gli altri paesi chiamati a difendere le frontiere esterne preferiscono non accorgersi.
Stefano Lusa