Felice Žiža Foto: Archivio personale
Felice Žiža Foto: Archivio personale

Un’ala fortissima, uno che sapeva volare sulla fascia e all’occorrenza fare il centravanti. Felice da bambino ai libri preferisce il pallone. A scuola segue le regole, ma a casa non perde troppo tempo a studiare. A Isola vive, insieme a mamma, papà e un fratello in una palazzina di periferia. Il padre è capitano di una delle navi della Delamaris. Era arrivato, con sua madre, da Parenzo per entrare a far parte di quella che era stata la più imponete flotta peschereccia della Jugoslavia.

Felice in quarta liceo annuncia che sarebbe andato a studiare medicina provocando il divertimento generale. Il consulente pedagogico tenta di spiegare al giovanotto che si tratta di una facoltà difficile, fuori dai comuni percorsi dei ragazzi delle scuole italiane e che i suoi voti non fanno sperare nulla di buono. A quel punto lui decide che è inutile continuare a chiedere consiglio e fa di testa sua.

L’idea di studiare medicina gli era nata un anno prima, quando capì che sarebbe stato il caso di seguire le orme di sua cugina, la figlia della sorella di suo padre, che aveva cominciato a fare il medico all’ospedale di Pola. Il sogno nel cassetto a quel punto era quello di aprire uno studio a Parenzo.

Felice arriva a Trieste dove va a vivere nella Casa dello studente. Sin da subito si impone un ferreo regime. Lezione e studio, con due ore di pausa a pranzo e a cena. Unica distrazione le partite di calcio con la squadra di calcio a sette degli studenti istriani. Conquistano un secondo ed un terzo al campionato universitario in un agguerrito lotto di una sessantina di squadre.

Al secondo anno d’università conosce Donatella, capodistriana, iscritta a Lettere e Filosofia. Lei diventerà il suo angelo custode, la sua più fidata consigliera, quella che continua a spronarlo a fare di più. I due cominciano, praticamente, a convivere già alla casa dello studente: “E’ eccezionale!- dice Žiža – “Se tornassi indietro non sceglierei nessuno all'infuori di lei”. Oggi hanno due figli. Il primo studia informatica, mentre la seconda sta per concludere il liceo a Capodistria.

Ottenuta la laurea in medicina inizia a lavorare a Trieste all’ospedale di Cattinara, in attesa dell’inizio della specializzazione chirurgica. L’obiettivo è quello di andare ad imparare il mestiere da Aldo Leggeri uno dei luminari della chirurgia italiana. Sono anni in cui Felice si divide tra specializzazione, guardie mediche e turni in una clinica triestina. Diventato chirurgo rimane per due anni a Cattinara e poi trova un posto fisso all’ospedale di Isola. Lì lo accolgono a braccia aperte, visto che arriva già bello e formato. Onora così la borsa di studio, che aveva avuto dall’Unione e dall’Università popolare di Trieste e l’accordo che aveva firmato con l’ospedale di Isola. Non saranno tantissimi quelli con in tasca una laurea in materie scientifiche a farlo

Al nosocomio brucerà le tappe. Nel 2000 viene messo a capo della chirurgia pediatrica, nel 2006 passa a dirigere quella addominale, funzione che ricoprirà fino al 2014. Non sono posti per cui ci si candida, ma bisogna essere scelti e quindi essere bravi per arrivarci. Dal 2012 diventa, invece, direttore sanitario dell’ospedale isolano.

Sono anni difficili per l’ospedale. I tagli al bilancio mettono la sanità in crisi ed Isola paga più di altri la situazione. Le sorti dell’ospedale sembrano incerte. Si lavora a razionalizzare e insieme al direttore generale Radivoj Nardin ci riescono così bene che oggi quello di Isola viene considerato una eccellenza del sistema sanitario, con un bilancio in aumento, attrezzature all’avanguardia e con delegazioni che arrivano da tutte le altre strutture sanitarie slovene per vedere come è riuscito il miracolo.

Mentre è impegnato in ospedale vive tra Isola e Muggia, nel poco tempo libero frequenta la comunità e si arrabatta con l’infinità di chiamate al suo cellulare, di amici, conoscenti e amici degli amici che in gran parte chiedono consulenze mediche. Nell’ambiente è conosciuto come uno sempre disposto a dare una mano: in sintesi una brava persona.

A Isola, intanto, la frattura tra le due comunità diventa sempre più netta. La Dante non riesce a scardinare il fortino della Besenghi, che tiene saldamente in mano le redini della CAN e che quindi controlla il flusso dei finanziamenti. Amina Dudine, la dinamica presidente della Dante, decide di puntare su di lui. Nel 2006 è l’unico candidato della Dante eletto nel consiglio della CAN. La Dante, così, mette per la prima volta il piede nella porta. Nel 2010 i consiglieri eletti legati alla Dante sono quattro e nel 2014 vincono le elezioni. E’ il segno che a Isola le cose stanno cambiando. Nel 2010 corre anche per il consiglio comunale e a sorpresa ottiene più voti di Silvano Sau, una delle figure storiche della minoranza. Spetta a Felice il posto di vicesindaco, quattro anni più tardi i due posti in consiglio andranno entrambi alla sua lista.

Ora davanti a lui l’ennesima sfida, in cui, assicura, corre perché sono stati ancora una volta gli altri a chiedergli di farlo.