C’è ancora speranza dalle nostre parti. Ogni giorno la terra viene sfiorata da qualche corpo celeste. Il più delle volte si tratta di piccoli oggetti che si disintegrano entrando nell’atmosfera. Qualche volta, però, raggiungono anche il suolo provocando danni più o meno gravi a seconda delle dimensioni. Sulla crosta terrestre sono chiaramente distinguibili alcuni crateri. Il più grande, quello di Vredefort, si trova in Sud Africa ed ha un diametro di circa 300 chilometri ed oggi è considerato un patrimonio dell’umanità. Si calcola che a colpire la zona fu un asteroide di 10 chilometri di diametro. Potrebbe bastare. Non resta quindi che confidare nella provvidenza e sperare che cada tra Trieste e Fiume. Probabilmente sarebbe questo l’unico modo per risolvere le psicopatologie di frontiera di una zona che vive in un passato che non passa.
Il centenario dannunziano è stato un bel banco di prova che ha dimostrato ancora una volta l’immaturità, l’imprudenza e l’impreparazione degli attori in campo. A Trieste una statua al poeta ci poteva anche stare. Alle autorità giuliane però il letterato non bastava. Volevano commemorare l’ardito ed il legionario. Lo hanno fatto in maniera goffa, poco elegante e senza coraggio. Per celebrare la presa di Fiume ci voleva un monumento enorme, in marmo bianco con D’Annunzio su un’imponete destriero o magari a bordo della sua T4 in piedi mentre mostrava il petto al generale italiano che tentò timidamente di fermare la sua entrata a Fiume. Ci sarebbero state quasi le stesse polemiche, ma almeno non si sarebbero nascosti dietro ad una discreta rappresentazione di uno scrittore che legge i suoi libri.
Il sindaco Dipiazza e compagni hanno fatto un grande favore al primo cittadino di Fiume, Vojko Obersnel, diventato il paladino della Fiume croata ed antifascista. Quest’ultimo è stato aiutato, del resto, anche da chi ha messo in atto quelle che il presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, ha definito “impresucce patetiche”. Sta di fatto che in pochi istanti sono stati distrutti (o quasi) quei ponti che molte persone da anni tentano di costruire. Oggi tutto è più difficile di ieri. Non si è fatto un favore a chi vuole cercare di slegare l’impresa fiumana dal fascismo, alla Società di studi fiumani, che tenta di parlare con l’odierna amministrazione cittadina e nemmeno alla sparuta comunità italiana che vorrebbe potersi veder appieno riconosciuta come parte di una città che non è (o almeno non era) solo croata. Eppure, il centenario dannunziano poteva servire a riflettere su molte cose. Si sarebbe potuto parlare dei danni causati dalla politica austriaca del dividi et impera, della “città di vita”, di puttanieri con gli stivali, puttane, droga, nudismo, artisti, movimenti culturali e di voli su Montecitorio per lanciare un pitale; si sarebbe potuto parlare anche di come guardavano a tutta questa carnevalata i fiumani, che alla fine, quando poterono votare scelsero Zannella che voleva una città autonoma da tutti.
Il centenario della presa di Fiume, alla fine, sarebbe potuto servire anche per riflettere sul mondo in cui viviamo oggi e sulla crisi dello stato liberale; una crisi simile a quella che c’era al tempo del Vate, che ne fu il vero e proprio rottamatore. Forse non grazie a lui, ma sicuramente dopo di lui venne il fascismo. In sintesi, ci sarebbero stati tanti spunti che si potevano cogliere e che non sono stato colti perché ancora una volta ci si è trovati tra i piedi ciarlatani imprudenti. Non resta, quindi, altro che tifare asteroide!
Stefano Lusa