Non si tratta solo di governare il paese, ma anche di mutare i paradigmi che lo avevano segnato dal dopoguerra ad oggi. L’idea conclamata è quella di scardinare la cultura egemonica della sinistra sessantottina e recuperare quegli elementi della tradizione italiana distrutti dall’internazionalismo. In realtà, però, l’intento sembra molto più ambizioso e mira a costruire un nuovo modello che vada a riscoprire valori che in Italia erano stati accantonati dopo la Seconda guerra mondiale. Si tratta di rimettere il paese sui binari del nazional cattolicesimo e non solo di liberarsi di quella che a volte può sembrare una opprimente egemonia culturale della sinistra. Lo scopo è piuttosto decostruire la pregiudiziale antifascista su cui è stata edificata l’Italia del dopoguerra e contemporaneamente distruggere le fondamenta della democrazia liberale.
Il modello a cui ci si vorrebbe richiamare è quello dal signore d’Ungheria Viktor Orban ed ancor più dall’uomo forte di Russia, Vladimir Putin. Società ordinate, con un alto grado di sicurezza sulle strade, dove si può vivere tranquillamente la vita di ogni giorno a patto di saper rimanere al proprio posto e di non criticare troppo ostentatamente il potere costituito. Un po’ il modello della Jugoslavia di Tito, con la differenza che qui è consentito arricchirsi. Un programma ambizioso che per essere portato a compimento deve passare necessariamente dalla presa dei gangli con cui si costruisce il consenso dalla scuola ai mass – media.
Un fine progetto sta dietro alla Lega di Salvini, esattamente come un fine progetto stava dieto alla prima Lega di Umberto Bossi, quella ideata dall’accademico Gianfranco Miglio. Il professore, all’epoca, aveva spiegato i motivi per cui il ricco Nord avrebbe dovuto lasciare al proprio destino il sud. La cosa poi naufragò quando i leghisti assaporarono il piacere dei salotti romani e così Miglio e la secessione finirono nel dimenticatoio e vennero sostituiti dalle richieste di una maggiore autonomia per le regioni. Il motto divenne quello di poter spendere i soldi riscossi con le tasse a casa propria, mandandone quanto meno al meridione. È questa una delle cose che la Lega di oggi ha ereditato da quella di Bossi. L’autonomia resta uno dei crucci dei governatori del nord e probabilmente l’arma più potente in mano agli oppositori di Salvini all’interno del suo stesso partito.
Oggi le foto nelle spiagge di Salvini, come quelle degli anni Novanta in canottiera di Umberto Bossi, servono a dare agli elettori del Carroccio il senso della vicinanza del loro leader alla base. C’è però anche una innegabile effettiva simpatia che Salvini riscuote tra le persone comuni. La scelta di trascorrere le vacanze a Milano Marittima, non una località esclusiva, ma la spiaggia romagnola del milanese medio, dimostra da una parte come Salvini voglia continuare ad essere percepito come uomo del popolo, ma anche che può tranquillamente stare sotto gli ombrelloni con le persone comuni: operai, commercianti e ragazzi che si godono le vacanze. Il ministro dell’Interno, che questa estate ha organizzato come i cantanti di grido, un vero e proprio Beach tour, poche volte è stato contestato e perlopiù le sue uscite sono state caratterizzate da folle acclamanti e da persone in coda per potersi fare un selfie con lui. Manifestazioni di giubilo ed affetto che gli altri leader politici in Italia si possono solo sognare.
Matteo Salvini ed i suoi uomini sono in realtà molto distanti dall’immagine di ignoranti zoticoni, votati da elettori ancora più ignoranti di loro, che i loro detrattori cercano dipingergli addosso. In realtà più i loro oppositori puntano su questo tasto più i consensi della Lega sono destinati a crescere. Il problema semmai è confrontarsi politicamente con un progetto ed un programma politico che ha risposte semplici per problemi complessi come quelli dell’immigrazione, della sicurezza, dell’Europa e della crescita economica.
Quelle date potrebbero anche essere le risposte sbagliate, ma al momento sono le uniche presenti nel panorama politico italiano. Se dovessero essere messe in atto modificherebbero radicalmente un sistema paese in crisi, di cui i cittadini sono stufi. Il progetto in campo non è immediato, ma è a medio termine. Ora le altre forze politiche si stanno attrezzando per provare ad arginarlo, magari inventandosi nuove maggioranze. Salvini, però, non ha fretta. Per prendere d’assalto il fortino liberal democratico non basta vincere le elezioni con una ampia maggioranza, ma bisogna avere dalla propria parte anche il capo dello stato. Solo così il sogno di poter avere “pieni poteri” potrà prendere corpo. Il presidente Sergio Mattarella resterà in carica ancora un paio d’anni, poi bisognerà trovare il suo successore. Se ci sarà un nuovo governo senza Salvini in grado di portare a termine la legislatura sarà la nuova maggioranza nata dall’alleanza tra Partito democratico e i 5 stelle di Di Maio a scegliere il presidente. Se invece gli equilibri non dovessero reggere la Lega ed i suoi alleati potrebbero fare il pieno. Se ci fossero i numeri per nominare un presidente “amico” l’Italia potrebbe essere rivoltata come un calzino e il paese, così, potrebbe entrare nel novero delle nuove democrazie illiberali europee.
Stefano Lusa