Poetessa, traduttrice, docente di storia dell'arte e di scrittura creativa, e ancora artista visiva oltre che direttrice artistica - a Firenze, la sua città - del festival internazionale di poesia "Voci lontane, voci sorelle": Elisa Biagini, tornata da poco in libreria con "L'intravisto", raccolta poetica pubblicata come tutte le sue precedenti da Einaudi, è tra i vincitori dell'edizione 2024 del Premio letterario euro-mediterraneo Pont, promosso dalle edizioni Annales del Centro di ricerche scientifiche di Capodistria (ZRS) e dalla casa editrice lubianese Beletrina la cui cerimonia di consegna si terrà a Capodistria stasera. Un riconoscimento che l'autrice toscana dialogando con gli studenti di quarta del Ginnasio Carli stamane si è detta contenta di ricevere, "perché i tempi che viviamo non sono tempi di ponti ma di muri e fili spinati". Un dono alla scuola, quest'incontro al Carli, ha chiosato la dottoressa Irina Cavaion, "ambasciatrice" del Centro di ricerche scientifiche, un invito che l'istituto ha accolto molto volentieri, le ha fatto eco la professoressa Anita Dessardo, che a Elisa Biagini ha "ceduto" l'ora di italiano. Ma non è stata una lezione in senso classico, piuttosto una conversazione in cui Biagini, sollecitata anche dalle domande dei ragazzi, si è raccontata parlando di sé, del suo lavoro, del senso di fare poesia oggi. Che, ha sottolineato, non è mai sfogo, ma il frutto di un lavoro artigianale, di impegno, di rigore.
"Il senso ultimo del fare poesia - dice a Radio Capodistria - è partire da un'esperienza privata e renderla universale. Tutti proviamo un po' le stesse cose, però io le provo a modo mio perché la mia storia è inevitabilmente unica. E allora come far sì che un'emozione strettamente privata possa essere condivisibile da altri, che la mia storia diventi la tua? Ecco, tutto quello che sta in mezzo è creare questo, una pratica di lima, di scrittura, di tentativo. Chiaramente, io ricordo l'accadimento specifico, in parte a me serve anche per rievocarlo, è come un souvenir. Però se voglio che il libro diventi necessario per il lettore, devo creare una lingua che crei esattamente questo ponte. Dove non si è troppo vicini a me, ma neanche troppo vicini al lettore: ci si trova a metà strada, quella è la dimensione democratica. Io ho molti problemi con certa poesia che viene fatta oggi, o brutalmente sperimentale - e quindi per un ristrettissimo gruppo di persone, solo gli eletti, ciò che trovo un po' problematico dal punto di vista ideologico; oppure una poesia - che purtroppo è anche nelle librerie e questo confonde molto i ragazzi - una poesia che è "pensierino", riflessione ... ma se quello che leggo non mi porta in nessun altro luogo, è completamente fine a sé stessa".