Gli italiani, forse, avranno il Governo che hanno votato. Dopo un primo allontanamento strategico, Movimento cinque stelle e Lega iniziano a dialogare, cercando in primis di trovare un equilibrio a livello istituzionale. Il Pd, dopo la direzione di ieri, sembra tirarsi fuori dai giochi; mentre Forza Italia, si dice, trami nell'ombra, auspicando un fallimento delle prime consultazioni per ritornare in gara in un secondo tempo. Come nel secondo tempo spera Matteo Renzi che lascia la guida dei Democratici, ma resta dentro alle loro fila, con una ritirata strategica in vista di battaglie più grandi in seno alla sinistra italiana. E proprio il partito democratico sembra ancora tramortito dal K.O. ricevuto lo scorso cinque marzo e in queste ore, nonostante un minimo di autocritica arrivi dalle frange più a sinistra, pare perdere il pelo ma non il vizio mettendo in scena un teatrino che se andrà avanti nelle prossime settimane potrà difficilmente riavvicinare gli elettori che questa volta non hanno più accettato la logica del "voto utile". Come in crisi risulta essere l'altro partito storico italiano, Forza Italia, che come la controparte di sinistra ha perso pezzi di elettorato, facendosi surclassare dalla nuova Lega a gestione Matteo Salvini.
Per ora l'unico decesso conclamato è quello del partito personalista, basato sul culto del leader, che si riaffacciò in Italia con l'avvento di Silvio Berlusconi nel 1994, per poi contagiare qualche decennio dopo la sinistra con l'ascesa di Matteo Renzi, alter ego giovanilistico del Silvio nazionale. Questo trend lo hanno capito prima di tutti i Pentastellati, il cui leader Beppe Grillo durante la campagna elettorale si è messo in disparte, aiutandoli così a ottenere un risultato storico con quasi il 33% delle preferenze. Matteo Salvini è l'unico invece che ha puntato tutto su di sé per traghettare fuori la Lega dal voto regionale, trasformandola definitivamente in un partito nazionale, in grado di passare dal 4% al 19%.
Un voto quello di quasi il 55% degli Italiani rivolto al cambiamento e alla rottamazione della vecchia politica, a cui anche l'elettorato dei partiti storici, che in questi anni si è sentito sempre più abbandonato, ha voltato la schiena, sperando di fare arrivare chiaro e tondo il messaggio: Game over. Gli intellettuali radical chic stanno parlando di populismo, di fascismo, di primitivismo, di influenza dei media; tutte cose che forse sono vere, ma che servono a poco per comprendere questa nuova situazione che risulta un unicum in Europa, perché Salvini non è il tipico leader fascistoide e il Movimento cinque stelle rappresenta qualche cosa di inedito, un ibrido ancora da comprendere totalmente. D'altronde l'Italia, nel bene o nel male, ha sempre creato e esportato modelli politici nuovi e quello che sta accadendo sembra rientrare in questa tradizione. Troppo facile ridurre tutto all'ignoranza del popolo bue e alla voglia di assistenzialismo dei meridionali (anche questo hanno tirato fuori alcuni salotti) per spiegare la rabbia della "Gente".
Se la vecchia classe dirigente, che sembra totalmente disconnessa dai problemi reali del paese, continua così rischia di scomparire inghiottita da questo "nuovo" che avanza, i cui esiti sono ancora tutti da vedere. E ben venga la dichiarazione di voler stare all'opposizione del PD, anche se non mancano previsioni catastrofiste che vedono in un Governo Lega e Cinque stelle l'Armageddon del Belpaese; e poi, come disse Obama il giorno dopo la vittoria di Donald Trump, "Domani il sole sorgerà ancora".