Il crollo del ponte Morandi di Genova è più di una catastrofe regionale o nazionale. Va ben al di là di una tragedia che ha colpito una città, un importante snodo nazionale e internazionale, ed impone una riflessione di carattere globale, che coinvolge tutti. Il fatto che i ponti crollino, di tanto in tanto, è un po' nella natura delle cose, e dovremmo saperlo, quindi prevenirlo. Se poi si viene a sapere che sul ponte in questione tutti più meno avevano da ridire qualcosa, la tragedia assume la dimensione di un delitto che chiama un castigo. Chi almeno una volta nella vita non ha avuto occasione di attraversare quella zona per andare in Liguria o transitare in Francia, ed è rimasto a bocca aperta davanti a quel dedalo di strade sospese fra le case. Concepito negli anni sessanta il ponte Morandi ricevette il plauso di tutti e finì sulle prime pagine dei giornali come un miracolo di architettura. Dopo il 14 agosto 2018 non c'è chi non lo maledice. Oggi, rispetto agli anni sessanta, è cambiato tutto un mondo. Basta un colpo d'occhio sulle autostrade a noi vicine, da Trieste a Venezia, o da Capodistria a Lubiana, per capire che siamo sull' orlo di un collasso provocato da una mole di traffico pazzesco, non preventivato negli anni sessanta o settanta, quando le autostrade venivano costruite. E' per questo che, dopo Genova, siamo un po' tutti nel panico.
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