L’interruzione delle trasmissioni satellitari è un trauma soprattutto per la TV, essendo questo un progetto di ponte televisivo con l’Italia nato anni fa in alternativa alla smantellata rete di ripetitori che portavano il segnale tv su tutto il territorio italiano. Perciò ai colleghi della TV va tutta la nostra solidarietà. Per la radio la cessazione della programmazione satellitare è un danno collaterale, visto che la radio è fruibile, per ora, su altre piattaforme, molto più radiofoniche.
Detto questo, prendere come pretesto, come ha fatto la dirigenza della RTV Slovenia, l’interruzione delle trasmissioni satellitari per dire che i contenuti dei programmi radiofonici e televisivi non sono interessanti per un pubblico più ampio, è una forzatura e anche una non verità, che ci spinge alla ghettizzazione. Soprattutto se pensiamo a quanto in questi anni è stato fatto e si sta facendo a radio Capodistria, malgrado le difficoltà oggettive provocate dalla crisi finanziaria, usata spesso come pretesto per tagliare dipendenti e mezzi, e dalla selvaggia concorrenzialità delle miriade di emittenti che qualche decennio fa non esistevano. La nostra emittente si è ritagliata, con gli anni, un ruolo serio su un territorio ben più ampio di quello che qualcuno vorrebbe, con una programmazione di 24 ore, su piattaforme nuove e moderne e sotto l’insegna non scontata dell’autonomia giornalistica e della libertà di espressione. Tutte cose che prima non c’erano. E che forse oggi a qualcuno danno fastidio. Ed è forse proprio per questo che fra qualche anno potremmo fare la fine della parabola satellitare.
Aljoša Curavić
Caporedattore responsabile Radio Capodistria
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