Il burkini sta diventando ormai il tema dell’estate in Friuli Venezia Giulia. Dopo la manifestazione organizzata a Monfalcone contro l’annunciato provvedimento della sindaca Anna Maria Cisint per vietare di fare il bagno in mare vestiti, domenica è stata la volta del “Pedocin”, lo storico stabilimento di Trieste, che la scorsa settimana era stato centro di una protesta di alcune bagnanti contro un gruppo di donne che si apprestavano a entrare in acqua vestite.
Una sessantina di donne, e anche qualche uomo, sono entrate in acqua vestite tenendosi per mano, in segno di solidarietà e sostegno alle donne che, per motivi religiosi o per usanza, fanno il bagno in mare rimanendo coperte. La manifestazione si è svolta fra qualche sguardo perplesso delle bagnanti, e sono anche stati esposti dei cartelli che tendevano a smontare le argomentazioni di coloro che si oppongono al cosiddetto “burkini”, come quella dell’igiene: “Inquina di più un vestito o una nave da crociera?”, si leggeva su uno dei cartelli.
Quello di Trieste è però uno dei tanti casi in regione in cui ci sono state reazioni, proteste o interventi di amministratori contro l’uso di fare il bagno vestiti in mare o nelle piscine pubbliche, un’abitudine che al momento non è vietata né regolamentata. La manifestazione del Pedocin ha animato ulteriormente il dibattito: a Monfalcone la sindaca Cisint ha confermato la volontà di emanare un’ordinanza che regolamenti l’abbigliamento con cui stare in acqua e in spiaggia, e regole certe sono state chieste anche dalla Lega in Friuli Venezia Giulia. “La sinistra questo non lo ha ancora capito e accusa sia i cittadini sia noi della Lega di essere islamofobici e razzisti. Accuse che ovviamente rispediamo al mittente", ha dichiarato in una nota il senatore e coordinatore della Lega Fvg Marco Dreosto. "Per noi – ha aggiunto - è una questione di decoro urbano, una questione igienica e una questione di diritti delle donne, che non possono essere obbligate a fare il bagno totalmente velate a temperature proibitive. È necessario – ha concluso - adeguarsi alle usanze e tradizioni dei Paesi in cui ci si trova. È una questione di buon senso che intendiamo come Lega portare avanti con una proposta di regolamento che dia voce a quei cittadini stanchi di non essere mai ascoltati.”
Dall’altra parte Adesso Trieste afferma che “una destra in confusione e in contraddizione con sé stessa prova maldestramente a dare una veste presentabile ad atti di discriminazione e intolleranza: la sola idea di promuovere libertà ed emancipazione delle donne immigrate, - ha spiegato - imponendo un divieto che emargina e ghettizza ulteriormente le destinatarie, è un paradosso di cinismo politico che si commenta da solo”. “Il fatto che nei Paesi di provenienza non siano garantite le libertà a cui noi siamo abituati, - aggiunge Adesso Trieste - non è un motivo per imporre nei nostri ordinamenti restrizioni che ci renderebbero un Paese illiberale e fascista, contraddicendo i nostri stessi principi”.
Claudio Giacomelli, capogruppo di Fratelli d’Italia ha invece definito “paradossale vedere un flash mob al Pedocin in difesa della libertà di un uomo di obbligare una donna a restare sempre vestita, persino al mare”. “Qui la vera questione – ha aggiunto - è se devono essere accettati nel nostro Paese elementi di tradizioni/religioni assolutamente contrari ai nostri valori, valori, per di più, di cui la sinistra italiana pretenderebbe di essere unica paladina, ma che, alla prova dei fatti, non difende”.
Alessandro Martegani