Anna Maria Cisint, nell’ultimo venerdì di Ramadan, rinnova le accuse contro la comunità islamica locale, nel corso di una conferenza stampa, intitolata “Le amministrazioni comunali trattate come tappetini su cui pregare”.
Cisint, anche nel corso di un secondo appuntamento a Trieste, per la presentazione delle candidature della Lega alle europee, ha ribadito tutte le critiche sui temi che l’hanno opposta alla comunità islamica in queste settimane, a partire dai luoghi di culto, rinviando al mittente le accuse di non accettare il confronto, e sottolineando di voler continuare la propria battaglia contro quelle che considera delle vere e proprie violazioni della legge da parte della comunità islamica di Monfalcone.
Lei si sente un po' il simbolo della lotta contro il rischio d’islamizzazione in Italia?
“Io sono in questo momento sotto scorta perché ho detto, con coraggio, quello che ogni persona dovrebbe dire, ovvero che le moschee (si chiamano così), non sono centri di culto, che spesso sono irregolari e che bisogna fare la lotta all'illegalità e alle irregolarità”.
“Noi siamo in Italia, questo è un Paese di diritto, bisogna pretendere rispetto della legge, perché altrimenti non c'è più democrazia, non c'è più libertà. Se questo significa essere un punto di riferimento, allora lo sono. Ci sono situazioni assolutamente inaccettabili per il diritto italiano, come le bambine spose minorenni, le donne che camminano dietro agli uomini con il velo integrale: ci sono troppe situazioni di disparità inaccettabili, e se in Italia dire la verità con coraggio significa essere politicamente scorretti, allora io sono politicamente scorretta. Dico quello che bisogna dire perché ci tengo alla mia città, ai miei concittadini, ma soprattutto ci tengo a questo paese”.
Lei è favorevole al dialogo chiesto dalle comunità islamiche?
“Guardi, in questi ultimi sei, sei anni e mezzo, li ho incontrati, su mia volontà, molte volte, ma hanno una caratteristica, e mi prendo la responsabilità di quello che dico anche su questo: dissimulano. Davanti ti dicono che hai ragione, quando io ho proposto tutte queste questioni, come il rispetto della donna, che nelle famiglie islamiche non è paritario, la risposta spesso è stata “Sindaco hai ragione”, ma di fatto hanno continuato, e lo stanno dimostrando anche adesso, nella vicenda delle moschee. Hanno continuato a fare quello che vogliono, come lo vogliono, ed esattamente nei tempi che vogliono: per quanto mi riguarda questo è inaccettabile. Il dialogo io l'ho cercato, ma il dialogo non può essere solo parole, deve essere fatti conseguenti, e se a fronte del dialogo non c'è un fatto, significa che quel dialogo è inutile”.
Davide FIfaco