Una delle più gravi tragedie minerarie della storia si verificò l’8 agosto 1956, nella miniera di carbone di Bois du Cazier (appena fuori la cittadina belga di Marcinelle) a causa di un incendio impossibile da sedare. 262 minatori morirono, per le ustioni, il fumo e i gas tossici e di questi 136 erano italiani. All’origine del disastro fu un’incomprensione tra i minatori, che dal fondo del pozzo caricavano sul montacarichi i vagoncini con il carbone, e i manovratori in superficie. Il montacarichi, avviato al momento sbagliato, urtò contro una trave d’acciaio, tranciando un cavo dell’alta tensione, una conduttura dell’olio e un tubo dell’aria compressa. Le scintille causate dal corto circuito incendiarono 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. Dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, si scoprì che tutti coloro che si trovavano all'interno del pozzo erano morti.
In ricordo della tragedia, oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco, ma la strage della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto un dramma che appartiene agli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila di questi andarono a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia, come previsto da un accordo tra Italia e Belgio con il quale Roma si impegnava ad inviare 2mila uomini a settimana in cambio di 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
Una tragedia che viene ricordata ogni anno a Marcinelle ma anche in Italia, dove in questi giorni sulle pagine de “Il Corriere della sera” il forzista Renato Brunetta ha proposto di istituire la giornata europea nel ricordo di Marcinelle, per una nuova coscienza sulla sicurezza sul lavoro e per coltivare quella che è una memoria comune.
Barbara Costamagna