L’intervento di Papa Francesco è stato sicuramente il momento più atteso degli stati Generali della Natalità, ma l’evento voluto dall’omonima Fondazione, sarà probabilmente ricordato come un ulteriore manifestazione della crescente difficoltà al confronto in Italia.
Pensato per avere un momento di dialogo su quello che è ritenuto un problema grave da gran parte delle forze politiche e dalla Chiesa, il calo della natalità, sponsorizzato, accanto a soggetti istituzionali, da una serie di grandi società commerciali con interessi nel settore della famiglia, arricchito da una lunga serie d’interventi fra ministri, direttori di giornali e giornalisti, esperti e testimonianze, l’evento per ora non è riuscito a essere un momento di confronto costruttivo su temi come la natalità, il sostegno alla maternità e alla famiglie e anche sulla possibilità di interrompere la gravidanza, ma è stato risucchiato nelle ormai consuete polemiche urlate e nello scontro in atto su libertà di espressione e censura.
A scatenare la bagarre sono state le contestazioni avvenute ieri nei confronti della ministra per la famiglia, Eugenia Maria Roccella, seguite alla decisione del Governo Meloni di far entrare nei consultori, le strutture che dovrebbero dare sostegno alle donne che decidono di abortire, le organizzazioni cattoliche pro-vita. La linea del governo, non condivisa da tutta la maggioranza ma prontamente ripresa dalla ministra, parte dalla convinzione che la libera scelta delle donne si garantisca sostenendo le possibilità di diventare madre e non solo quella di abortire (“se l'unica strada è l'aborto non è libertà”), ma le opposizioni e le organizzazioni a sostegno delle donne hanno letto questa scelta come un tentativo di dissuasione sistematico all’interruzione di gravidanza, un “attacco al diritto di aborto”.
Le stesse accuse sono state gridate in sala alla ministra da una cinquantina di studenti: una di loro è stata anche invitata sul palco e ha letto un comunicato. Roccella, dopo aver cercato di ribadire le posizioni del Governo, ha deciso di lasciare la sala per consentire la prosecuzione dei lavori, ma poche ore dopo ha accusato i contestatori di averla censurata. “Non si è trattato soltanto di una censura verso di me o verso il governo – ha detto - ma di una profonda ostilità verso la maternità e la paternità, verso chi decide di mettere al mondo un figlio, esercitando la propria libertà e senza nulla togliere alla libertà altrui: insomma, quello che si contesta, alla fine, è la maternità come libera scelta”.
L’episodio, che ha innescato una serie di manifestazioni di solidarietà, anche da parte del Presidente Sergio Mattarella, ha provocato il forfait all’evento del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, che avrebbe dovuto parlare oggi, e anche del ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, ha chiesto di non proporre un suo contributo video.
Al di là delle rispettive posizioni sul tema, anche quello degli Stati Generali della Natalità è della crescente difficoltà al confronto nel paese: da una parte dei ministri, cioè coloro che sono al governo e che detengono il potere in questo momento, accusano cinquanta ragazzi di essere responsabili di censura nei loro confronti, confondendo evidentemente la contestazione, assolutamente legittima in democrazia se fatta civilmente, con la censura, e rinunciando al confronto se scattano delle critiche, sia pur verbalmente violente. Dall’altra, una volta chiamati sul palco, i ragazzi si sono limitati a leggere un comunicato urlato e di difficile comprensione: “La maternità diviene l’unico obiettivo di vita da auspicare la cui reale motivazione, celata dietro la triade consacrata di Dio, patria, famiglia, consiste nella creazione di un nuovo capitale umano per l’alimentazione del sistema capitalistico”.
Non sono però loro, i ragazzi, a dover dare l’esempio su come ci si confronta e, al momento, l’esempio che la politica e in parte anche il mondo del giornalismo e della cultura, forniscono ai ragazzi in Italia è proprio questo: posizioni preconcette, scarsa capacità di confronto, toni urlati per cercare di aver ragione, a prescindere dal tema o dal contesto, e reciproche accuse di censura.
In questo quadro si è aperta la seconda giornata, con l’atteso l’intervento di Papa Francesco, che ha chiesto alla politica misure “efficaci, e scelte coraggiose, concrete e di lungo termine”. “Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo. Senza bambini e giovani, un paese perde il suo desiderio di futuro”. “C'è bisogno – ha detto - di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni”. Iper il Papa una madre non deve esser messa “nella condizione di dover scegliere tra lavoro e cura dei figli”.
“Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l'egoismo, il consumismo e l'individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici”. “Il problema non è in quanti siamo al mondo – ha aggiunto Francesco, rispondendo indirettamente alle osservazioni fatte da alcuni giovani ceh nella prima giornata avevano sottolineato come l’aumento della popolazione non sia compatibile con la difesa dell’ambiente e il futuro della Terra - ma che mondo stiamo costruendo; non sono i figli, ma l'egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato”.
Francesco ha anche toccato il tema degli anticoncezionali. “In questo momento – ha concluso - gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncettivi: uno distrugge la vita, l'altro impedisce la vita”.
Alessandro Martegani