Un referendum che ha già raggiunto il tetto delle 500 mila firme di sostegno, ricorsi alla Corte costituzionale da parte delle regioni, critiche più o meno esplicite anche da destra.
La legge sull’autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega approvata lo scorso giugno (provvedimento che fissa le procedure per concedere alle regioni completa autonomia anche su materie molto delicate come l’istruzione, la salute, l’energia, e perfino il commercio estero), ha incontrato come previsto una fiera opposizione, unendo coloro, come le regioni economicamente o numericamente meno consistenti, che paventano la possibilità che il nuovo sistema a favorisca solo le regioni più ricche, a chi invece punta il dito sulla necessità di tutelare l’unità nazionale in settori come cultura e istruzione, e accusa la Lega di voler favorire le regioni del Nord, spaccando il Paese.
Subito dopo l’approvazione, che aveva fatto storcere il naso anche ad ampi settori della destra, che l’avevano votata per spirito di maggioranza e per avere l’appoggio su altri provvedimenti chiave, come la riforma della magistratura per Forza Italia o il premierato per Fratelli d’Italia, era partita la raccolta di firme per un referendum abrogativo, che proprio in questi giorni ha raggiunto i 500 mila sostegni necessari per presentare la consultazione, un numero che però tiene conto solo delle firme raccolte online, a cui vanno aggiunte quelle dei banchetti e degli uffici comunali. Un risultato senza precedenti, che ha spinto il comitato organizzatore a spostare l’obiettivo a un milione di sottoscrizioni, il doppio di quelle necessarie per indire la consultazione, sostenuta apertamente anche dalla Cgil.
Come se non bastasse si stanno muovendo anche le regioni guidate dal centro sinistra: anche Toscana e Sardegna, dopo la Puglia, hanno infatti deciso d’impugnare la legge di fronte alla Corte costituzionale: secondo le regioni ricorrenti, il contenuto della norma “eccede” i limiti previsti dalla Costituzione per l’autonomia, e anche il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Dubbi ci sono però anche fra le amministrazioni regionali di centro destra, come quella del Lazio, ad esempio, che ha annunciato di non avere alcuna intenzione di attivare l’autonomia.
Un attacco aperto alla bandiera della Lega, che sembra non voler più replicare alle critiche e si preparare alla campagna referendaria con un unico obiettivo, quello d’invitare all’astensionismo per evitare di raggiungere il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto necessario per la validità della consultazione, dando per scontato che, se ci fosse un risultato valido, sarebbe contrario a una riforma che, al momento, sembra non ricevere sostegno nemmeno dagli stessi alleati del Carroccio, che pur avevano votato il provvedimento.
Alessandro Martegani