È lo stesso generale Vannacci a confermare la propria candidatura alle elezioni europee con la Lega, in tutte le circoscrizioni spiegando che Salvini "ha anticipato l'annuncio", e che lui sarà un candidato indipendente e manterrà la propria identità pur correndo con la Lega.
Ribadendo la stima nei confronti del leader del Carroccio, Vannacci ha poi aggiunto: "Sarò un candidato che lotterà con coraggio, per affermare i propri valori di patria, tradizioni, famiglia, sovranità e identità che condivido abbondantemente con la Lega".
Salvini ha spiegato: "Sono contento che un uomo di valore come il generale abbia deciso di portare avanti le sue battaglie di libertà insieme alla Lega in Parlamento europeo".
Quella di Vannacci era la candidatura più attesa nel partito di Salvini, che negli ultimi tempi ha fatto parlare molto, essendo il generale un personaggio divisivo, tra chi esalta i concetti da lui espressi nei suoi libri e chi considera le sue dichiarazioni del tutto fuori dalle righe.
Non è un caso nemmeno il fatto che la candidatura è stata annunciata proprio il 25 aprile. Una "provocazione" ha detto il deputato di Alleanza verdi e sinistra, Angelo Bonelli. Una svolta xenofoba che premia un generale sotto provvedimento disciplinare avviato dal ministro della Difesa Crosetto ha concluso Bonelli.
Interpellato sull'antifascismo, il controverso generale ha affermato: "L'antifascismo divide la società" ed ha aggiunto: "Non vi è alcuna norma o legge che richieda" di dichiararsi antifascista "e poi il fascismo è finito 80 anni fa. È come dire se uno si sente antinapoleonico oggi, avrebbe senso? No, sarebbe totalmente avulso dalla realtà. Il fascismo è terminato in Italia da 80 anni e parlare oggi di antifascismo serve solo a dividere la società italiana su un periodo, quello fascista, finito ormai da quasi un secolo".
Anche gli altri partiti stanno chiudendo le liste, in vista del termine del primo maggio. Hanno sciolto le riserve Elly Schlein e Antonio Tajani. Attesa nelle prossime ore anche la candidatura della premier Giorgia Meloni. Giuseppe Conte e Salvini hanno invece rinunciato, mentre rimangono sospese le intenzioni di Matteo Renzi e Carlo Calenda.
Davide Fifaco