Raccogliere 70 mila firme in Italia entro la fine di maggio, un milione in tutta Europa, per chiedere alla Commissione Europea d’istituire un fondo finanziario per garantire un accesso reale e dignitoso all’aborto in aree in cui attualmente non è facile, o è addirittura impossibile abortire.
È l’obiettivo della campagna “My Voice, My Choice”, iniziativa per l'aborto sicuro e accessibile nell'Unione Europea, giunta anche in Italia: la campagna, avviata da nove organizzazioni, fra cui anche l’Istituto 8 Marzo di Lubiana, punta a garantire a tutti l’accesso all’aborto sicuro tramite un fondo da istituire presso l'Unione Europea, ed è stata presentata nel corso di un incontro presso la sede dell’Associazione stampa estera a Roma.
Alle nove organizzazioni originarie se ne sono aggiunte molte altre in tutti i paesi coinvolti, anche in Italia, paese, è stato sottolineato, dove di recente ci sono stati tentativi di mettere di fatto in discussione il diritto all’aborto, ad esempio finanziando l’attività delle organizzazioni pro-vita nei consultori, e sono in aumento i casi in cui le donne vanno all’estero.
In generale in Europa più di 20 milioni di donne non hanno accesso all’aborto: se la Francia ha posto nella propria Costituzione il diritto all’aborto, ci sono altri paesi come la Polonia dove gli aborti terapeutici sono incostituzionali, in Austria questa procedura sanitaria è a pagamento, in Croazia più della metà dei ginecologi rifiuta di praticare l'aborto, in Ungheria i medici hanno l’obbligo di fornire alla donna intenzionata ad abortire “un'indicazione chiaramente identificabile dei segni vitali fetali”. Anche in Italia, dove la percentuale di medici obiettori supera il 60 per cento, tante persone sono costrette ad andare all’estero per abortire. In generale è stato sottolineata una tendenza, più o meno esplicita, dei governi di destra a limitare il diritto e l’accesso all’aborto.
Il documento sostenuto dalla campagna (già sottoscritta fra gli altri anche del premier Robert Golob) chiede alla Commissione europea di presentare, “in uno spirito di solidarietà, una proposta di sostegno finanziario agli Stati membri che possano garantire a chiunque in Europa non abbia ancora accesso all'aborto sicuro e legale la possibilità di mettere fine alla gravidanza in condizioni di sicurezza”.
“Vogliamo - ha detto la direttrice dell'Istituto 8 Marzo e coordinatrice della campagna europea, Nika Kovač - raccogliere un milione di firme in sette paesi europei, prima delle elezioni, per dimostrare che si tratta di una posizione diffusa in Europa. Ci sono paesi– ha aggiunto - in cui l’accesso all’aborto non è garantito, in altri è ostacolato se non addirittura considerato un reato. Intendiamo rivolgerci a tutti gli attori sociali, governi, UE, influencer per raggiugere l’obiettivo. Dopo la raccolta delle firme, il passo successivo sarà ottenere una decisione dell’Unione europea e abbiamo bisogno di alleati e di sostegno”.
Presente in collegamento anche la segretaria del Pd Elly Schlein, che ha sottolineato come sia fondamentale “assicurare un accesso a un aborto sicuro e legale in tutto il territorio europeo: credo che questa battaglia sia di tutte le donne e ragazze, e che non possa rimanere soltanto delle donne e delle ragazze in tutti i paesi europei. Anche in Italia – ha aggiunto - dobbiamo assolutamente intervenire per riuscire ad assicurare che davvero in tutto il territorio ciascuna donna o ragazza che ritenga di doverlo fare possa accedere all'aborto sicuro e legale”.
“Non si può vietare l’aborto, si può solo renderlo più pericoloso” ha detto la dottoressa Marina Toschi, ginecologa impegnata per garantire il diritto all’aborto nelle regioni italiane in cui le amministrazioni creano di fatto degli ostacoli al ricorso all’interruzioni di gravidanza. Garantire lo stesso diritto all’aborto a tutte le donne, è stato detto, salva le vite delle donne ed elimina anche le discriminazioni sociali.
Alessandro Martegani