Elezioni presidenziali in Iran, i seggi si sono aperti per il ballottaggio. La guida suprema Khamenei ha già votato nella capitale Teheran. La sfida vede il riformista Masoud Pezeshkian e l'ultra conservatore Saeed Jalili. Al primo turno Pezeshkian ha ottenuto quasi dieci milioni e mezzo di voti mentre Jalili si è fermato a quasi nove milioni e mezzo. Il primo turno è stato caratterizzato dal crollo dell'affluenza alle urne, il 39,9 per cento, record assoluto negativo per la Repubblica Islamica. I due sfidanti sono da collocare agli opposti dello spettro politico iraniano e sono radicalmente in disaccordo su quasi tutti i temi che hanno definito la campagna elettorale a partire dal tema principale, come tirare fuori l'Iran dalla profonda crisi economica in cui si trova da anni. Pezeshkian sostiene che il Paese deve ripristinare i suoi rapporti con l'Occidente, inclusi gli Stati Uniti, il cui deterioramento negli ultimi anni ha peggiorato la situazione economica iraniana, e inoltre che il Paese può sollevarsi aprendosi agli investimenti stranieri e attuando alcune riforme sociali che lo rendano più presentabile a livello internazionale. Per contro, Jalili rappresenta le opinioni più estreme e isolazioniste della politica iraniana e afferma che il Paese deve fare in modo che la sua economia sia completamente autarchica e indipendente. In entrambi i casi le loro politiche dovranno essere approvate dalla guida suprema Khamenei, da cui il Presidente dipende. La crisi economica è peggiorata dal 2018, quando l'allora Presidente statunitense Trump si ritirò dall'accordo nucleare, che prevedeva la rimozione di alcune delle sanzioni imposte negli anni precedenti, e con il ritiro di Trump vennero reintrodotte pesanti sanzioni da parte degli Stati Uniti che andarono a colpire l'economia.
Franco de Stefani