Foto: BoBo
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Dal Maine, nel nord del Paese, al Texas i lavoratori dei porti statunitensi hanno iniziato uno sciopero che rischia di avere conseguenze pesantissime sull'economia e di provocare un aumento dell'inflazione a causa della carenza di merci che si va a prospettare. Lo sciopero interessa 36 porti, è il primo organizzato dal Sindacato dal 1977. Il primo picchetto dei lavoratori portuali è stato effettuato a Filadelfia. Il Presidente Biden avrebbe il potere di sospendere l'agitazione per 80 giorni per ulteriori trattative, ma la Casa Bianca ha affermato che non ha intenzione di agire, nonostante rischi di mettere Biden in una situazione difficile durante le settimane finali della campagna per le elezioni presidenziali. I Presidenti statunitensi possono intervenire nelle controversie di lavoro che minacciano la sicurezza nazionale imponendo un periodo di riflessione e costringendo il lavoratori a tornare al lavoro mentre continuano le trattative. Lo sciopero dei portuali statunitensi andrà avanti a oltranza e si ripercuoterà anche sul Mediterraneo, infatti esportatori e spedizionieri stanno guardando con estrema preoccupazione alla situazione che blocca tutti i porti della costa est e del Golfo del Messico. Si stima che ogni settimana, a livello mondiale, saranno circa 500 mila i contenitori che non potranno sbarcare o raggiungere le destinazioni finali, con un aumento del costo dei noli per gli esportatori. Lo sciopero coinvolge circa 45 mila addetti in 36 porti statunitensi, capaci di movimentare tra il 40 e il 50 per cento dei volumi di tutti gli scali, rischia di mandare in crisi il mercato mondiale dei contenitori con perdite giornaliere stimate tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di dollari. In un mese le perdite di volume potrebbero raggiungere i due milioni di contenitori. Nel Mediterraneo sono a rischio ogni settimana circa 71 mila container.

Franco de Stefani