La discriminazione in Slovenia è molto diffusa, un fenomeno questo che emerge chiaramente dalla ricerca condotta online tra maggio e settembre dall'Istituto di pace, su un campone di poco più di 800 persone. Discriminazione che si basa principalmente sulla nazionalità, cittadinanza, colore della pelle e religione, senza trascurare l'occupazione e il posto di lavoro, sanità, l'accesso ai servizi, sul mercato immobiliare e l'amministrazuione pubblica. L'oltre l'80% degli intervistati ha affermato di aver subito condotte discriminatorie, nella maggior parte in base al sesso, le donne in misura maggiore rispetto agli uomini. Alla risposta "altro" prevale la disciminazione dovuta alle misure anticovid addottate dal Governo, in primo luogo per l'introduzione dell'obbligo del Green Pass.
Particolarmente penalizzati si sentono i profughi, i migranti che hanno fatto rischiesta di asilo, che parlano anche si supprusi da parte delle forze di polizia. Il 75% degli interpellati appartenenti ad una minoranza nazionale o gruppo etnico o persone nate in un altro paese dice di esser stato discriminato proprio in base alla sua appartennza nazionale o cittadinaza. E' stato vittima di atteggiamenti discriminatori per motivi religiosi il 55% degli intervistati di religione ortodossa e musulmana, spesso anche vittime di razzismo per il colore della pelle o della lingua. Si sentono fortemente discriminati anche gli appartenneti alla comunita' rom soprattutto per quanto riguarda l'istruzione e il mondo del lavoro. Particolarmente colpiti i bambini, rimasti esclusi dal processo di formazione durante il lockdown. Lo stesso vale per gli alunni provenienti da famiglie socialmente disagiate. Disuguaglianza, discriminazione ed esclusione sociale, rilevano dall'Istituto non sono solo un fenomeno sloveno, ma anche europeo, analisi di questo genere possono contribuire a far migliorare la situazione da un punto di vista legislativo e per incentivare politiche di integrazione sul territorio. (ld)