Coprifuoco, divieto di assembramento, di spostamento tra i confini comunali e regionali sono decreti incompatibili con la Costituzione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale slovena, in relazione ai punti 2 e 3 del comma 1 dell'articolo 39 della legge sulle malattie infettive, che autorizza il governo a imporre determinate limitazioni. La Camera di Stato dovrà eliminare questa discrepanza entro due mesi, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. I decreti concedevano al governo troppi poteri e dall'altra parte non c'erano sufficienti valvole di sicurezza e di controllo. I promotori della verifica costituzionale avevano chiamato in causa la norma legislativa che attribuiva al governo il potere di decidere a sua discrezione sulle limitazioni dei diritti delle persone, quali appunto il coprifuoco, il divieto di assembramento e di spostamento tra comuni e regioni, senza alcuna restrizione giuridica e criteri adeguati.
Secondo la Corte costituzionale, la legge deve specificare o indicare chiaramente lo scopo delle misure e la legge deve specificare in modo sufficientemente dettagliato le modalità, la portata e le condizioni della limitazione alla libertà di movimento e al diritto di assembramento, e altre appropriate salvaguardie contro le restrizioni arbitrarie dei diritti umani e dei diritti fondamentali in materia di libertà.
Il voto della Corte costituzionale non è stato unanime, 5 i voti a favore 3 quelli contrari al verdetto. In una prima reazione il Ministro dell'Interno, Aleš Hojs, rileva che in ogni caso tutte le ordinanze sono ancora in vigore e che dal punto di vista giuridico la salute dei cittadini è stata tutelata legalmente e in maniera legittima.
Da rilevare che i cittadini sanzionati per aver violato i decreti in questione e che hanno già pagato le relative multe, non riceveranno indietro il denaro, i procedimenti ancora in corso verranno invece interrotti e quanti sono stati sanzionati, ad esempio per aver violato il coprifuoco non dovranno pagare la multa se nel frattempo non l'hanno ancora fatto.
Delio Dessardo