Foto: Ministero esteri
Foto: Ministero esteri

Nelle cinque giornate medio-orientali Tanja Fajon incontrerà i massimi esponenti politici di Egitto, Qatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita. Tema centrale la crescente tensione nella regione. L'ultima visita del Ministro degli Esteri sloveno in Medio Oriente risale a domenica scorsa, quando ha incontrato i vertici dello Stato palestinese e l'omologo israeliano, Israel Kace, ribadendo il sostegno della Slovenia alla causa palestinese. Nell'occasione aveva anche annunciato la decisione di Lubiana in merito al riconoscimento dello Stato palestinese, invitando al contempo Tel Aviv a fare marcia indietro sull'operazione militare che stava pianificando a Rafah. Nel frattempo, il governo sloveno ha implementato le procedure per il riconoscimento mentre l'esercito israeliano è entrato a Rafah dove ha preso il controllo del valico con l'Egitto e di conseguenza di tutte le vie d'uscita dal Paese. Per Fajon oggi la prima tappa sarà il Sinai egiziano, dove farà visita al centro logistico della Mezzaluna rossa, sito in cui vengono convogliati gli aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese. Nonostante la solidarietà internazionale, i camion di aiuti che sono riusciti ad entrare nell'enclave negli ultimi sette mesi sono stati insufficienti, ribadiscono le organizzazioni no profit. Ad aggravare la situazione, la chiusura del valico di Rafah, controllato dalle forze di Tel Aviv e il massiccio spostamento della popolazione verso il nord dell'enclave; si stima che circa 110 mila palestinesi hanno abbandonato le proprie abitazioni a Rafah. A denunciarlo sono state le Nazioni Unite, sottolineando come la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza si sta facendo sempre più critica con la popolazione che ha estremo bisogno di assistenza umanitaria, accesso a tutti i servizi di base che, se ulteriormente negati porterebbero alla carestia. Per il segretario generale delle Nazioni Unite, un eventuale inasprimento dell'offensiva a Rafah causerebbe il crollo della risposta umanitaria nell'area a ridosso del confine egiziano che accoglie attualmente circa un milione e mezzo di rifugiati.

M.N.