A livello bilaterale se ne era iniziato a parlare lo scorso anno. La questione avrebbe dovuto essere all’ordine del giorno del Comitato di Coordinamento dei Ministri di Italia e Slovenia, ma poi travolti dalla pandemia i due paesi si sono trovati in tutt'altre faccende affaccendati: la riunione è saltata e con essa anche la soluzione della questione natanti. In Italia, infatti, sotto una certa dimensione non è necessario immatricolare l'imbarcazione. L'operazione che sottostà ai rigidi protocolli del registro navale è complicata e costosa.
Il problema da risolvere riguarda solo le barche più piccole e coinvolge soprattutto i diportisti italiani del nord Adriatico: dallo scorso anno le autorità slovene hanno cominciato ad interpretare alla lettera il codice marittimo nazionale, secondo cui per navigare in acque terrotoriali slovene è necessario essere immatricolati. Il giro di vite era stato dato dopo che un motoscafo italiano era andato a fuoco davanti ad Isola, con il proprietario che si era dileguato, lasciando le costose operazioni di recupero sulle spalle dei contribuenti sloveni.
L'idea ora è quella di usare il contrassegno identificativo SAR da apporre sull'imbarcazione. Si tratta di un codice volontario, da richiedere alle autorità competenti, che viene assegnato ai natanti italiani. Il suo costo sarebbe di poche decine di euro. Lubiana avrebbe chiesto ulteriori dettagli e ci sono quindi ancora una serie di particolari da definire.
Intanto molti diportisti italiani stanno cercando di risolvere la questione per altre vie. La più semplice è quella di immatricolare l'imbarcazione in Slovenia o addirittura in Polonia. Il costo è di parecchie centinaia di euro, ma consente di navigare senza problemi anche in Croazia. L'alternativa è attendere che si trovi una soluzione. La questione dovrebbe essere all'ordine del giorno della trilaterale tra Italia, Croazia e Slovenia, che discutono della zona economica esclusiva in Adriatico. Non si tratta comunque del primo problema della lista.
Stefano Lusa