Dopo la seduta a dir poco complessa della scorsa settimana, con una durissima reazione del sindaco Dipiazza che aveva attaccato l’opposizione per averlo interrotto durante un intervento, ingiungendo addirittura ai consiglieri di centro sinistra di non rivolgergli più la parola, (le immagini della sfuriata avevano anche fatto il giro del web e dei social), il Consiglio comunale di Trieste è tornato a riunirsi in una seduta dedicata soprattutto alla relazione della garante dei detenuti della provincia di Trieste, avvocato Elisabetta Burla.

Se considerassimo i suicidi delle evasioni -ha detto Burla - sicuramente vedremmo un impegno e un dispendio di risorse senza precedenti, ma chi si suicida se ne va in punta di piedi, e nessuno sembra voler intervenire"

Elisabetta Burla

All’interno del carcere del Coroneo vivono costantemente più di 250 persone, a fronte di una capienza prevista di 150, con un sovraffollamento costante, che costringe i detenuti a fare i turni per mangiare seduti, a vivere in sette in celle da 10 metri quadrati, e si tratta di una situazione a cui nessuno sembra poter porre un freno, e ceh ha causato la riviolat delal scorsa estate a Trieste, ma anche 81 suicidi di detenuti e di sette guardie carcerarie nell’ultimo anno in tutta Italia.
“Se considerassimo i suicidi delle evasioni -ha detto Burla - sicuramente vedremmo un impegno e un dispendio di risorse senza precedenti, ma chi si suicida se ne va in punta di piedi, e nessuno sembra voler intervenire”.
Il fenomeno è esploso nel mese di luglio, con la rivolta nel carcere di Trieste, perché, ha spiegato, si sta con 33 gradi in sette in una cella, e perché non c’è comunicazione sulle problematiche dei detenuti: non c’è un’alternativa quando si esce dal carcere, ha aggiunto la garante, spesso si sta in carcere perché non c’è un’abitazione dove passare i domiciliari, andando in carcere si perde il lavoro, o si rimane in prigione perché non c’è disponibilità di braccialetti elettronici, o di chi li attiva, nonostante la sussistenza dei requisiti per uscire, e si arriva all’assurdo di far pagare la tassa sulla seconda casa ai detenuti se hanno un’abitazione di proprietà, poiché figura come seconda casa mentre si sta in prigione.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Anche le attività lavorative all’interno delle carceri non sono continue perché legate ai finanziamenti del governo, e Burla ha anche contestato le linee del decreto sicurezza rispetto alla carcerazione delle donne, oltre che per i problemi organizzativi, con al necessità di più servizi sociali, perché costringerà dei bambini0 a vivere in carcere, limitando loro la libertà, la formazione e la crescita.
“Nel carcere di Trieste – ha aggiunto - ci sono molte persone che vengono dalla marginalità e non sono solo stranieri, ce ne sono molti che sono originari del nostro territorio.”
Sul tema non sono mancato gli scambi fra maggioranza e opposizione: “La situazione drammatica che la garante ci ha descritto – ha detto Giorgia Kakovic di Adesso Trieste – è stata accolta con scetticismo da parte della maggioranza: questo Comune non sta facendo nulla, di quanto di sua competenza, per migliorare le condizione delle carceri e dei disagi sul proprio territorio”. “Io mi vergogno – ha aggiunto Laura Famulari del Pd – di stare in un paese che consente queste situazioni”. “Il carcere di Trieste non è solo inadeguato: è al limite del collasso. Non possiamo più ignorare questa emergenza, che mortifica detenuti e personale, rendendo le pene inumane e violando il principio costituzionale della rieducazione - ha detto Alessandra Richetti dei 5 Stelle, chiedendo alla Giunta interventi concreti per migliorare la situazione sociale dei detenuti –. La situazione del carcere di Trieste è al limite del collasso, con celle sovraffollate, dove si fanno i turni perfino per mangiare seduti”.
Anche per Salvatore Porro di Fratelli d’Italia è “inammissibile che i detenuti vengano costretti in condizioni inumane”: Porro ha proposto dei lavori socialmente utili per i detenuti che “si comportano bene e hanno chiesto perdono alle persone offese”, così come un collocamento automatico o una sezione sociale statale per chi esce dal carcere.
Polacco di Forza Italia, ha sottolineato come con le nuove norme in discussione in Parlamento si prefiguri “qualche spiraglio di luce”. Il problema delle donne in carcere è complesso ma è un fatto, ha detto, che “spesso e in alcune culture i bambini, che non devono assolutamente finire in carcere, vengono utilizzati come scudo per non andare in prigione”.
Riccardo Laterza di Adesso Trieste ha invece sottolineato come nella relazione della Garante si metta in evidenza la pessima collaborazione con l’assessorato alle politiche sociali del Comune, e ha fatto un appello a chi nella maggioranza ha dimostrato sensibilità, chiedendo di attivarsi in modo concreto per migliorare le condizioni nel carcere della città, mentre Alberto Pasino, di Punto Franco, ha ribadito come la situazione non sia colpa di un solo governo o parte politica, ma anche come di fatto in questo paese “ci sia una cultura dello scarto, per cui ciò che capita a certe persone non è importante: è necessario invertire la tendenza e avviare una situazione nuova in cui la sorte di queste persone conta”.
All’opposizione ha replicato l’assessore ai servizi sociali Massimo Tognolli, che ha sottolineato come il Comune assista attualmente 140 persone fra detenuti, ai domiciliari ed ex detenuti, sia per l’assistenza alle famiglie, sia in altre attività come la ricerca del lavoro e della casa.

Alessandro Martegani