Foto: Radio Capodistria
Foto: Radio Capodistria

"Credo che sia giunto il momento di sensibilizzare assolutamente il presidente del governo, ma anche la presidente della Repubblica, il ministro Arčon (che è il nostro referente) e la ministra Vrečko su questa problematica", ha detto il deputato al seggio specifico Felice Žiža annunciando l'invio di due missive nelle quali si richiede il loro intervento per dirimere il difficile contenzioso venutosi a creare a Capodistria sulla legittimità o meno delle tabelle con gli odonimi, che lo scorso venerdì in segno di protesta sono state rivoltate, rimanendo, però, al loro posto (nonostante l'ispettorato per la Cultura e i Massmedia avesse intimato di toglierle).

"In tutti questi mesi abbiamo lavorato in modo coordinato con la CAN Costiera, con la CAN comunale, con la Commissione toponomastica del Comune di Capodistria, con il Comune di Capodistria stesso per risolvere la situazione", spiega Žiža. "Una grande squadra" che a suo parere "ha lavorato bene": "Nel mese di Febbraio siamo stati anche al ministero della Cultura, dove avremmo dovuto incontrare la ministra Vrečko, che ha, però, delegato il sottosegretario Marko Rusjan il quale ha poi sottoscritto i ricorsi. Fino al mese di luglio il presidente della Commissione toponomastica Damian Fischer è stato in contatto quasi settimanale con il consigliere del ministero Marko Sraka per far comprendere all'ispettoraro che quello che si richiedeva di fare, quindi la traduzione dei nomi in sloveno, riportava alla memoria gli anni bui del Novecento, quando i totalitarismi imperversavano in Europa e nel mondo". Un'epoca del terrore che si è consumata in queste terre nel secolo precedente, che viene associata tra le altre cose alla modifica coatta dei nomi e dei cognomi, della quale dice Žiža nessuno ha nostalgia, anche perché secondo lui "la Slovenia è un paese democratico dove vige lo Stato di diritto", come dimostra il fatto che si trovi a pieno titolo all'interno dell'Unione europea.

"Chiaramente qualcosa", però, "non ha funzionato si ammette nelle lettere e "nell'agosto del 2024" ci si ritrova "ostaggi di un'istituzione (l'ispettorato) e del ministero della Cultura con un apparato" che viene definito "miope, lento e ottuso che non ha dimostrato nessuno spirito di apertura e ricettività a quanto veniva loro detto e presentato in diverse occasioni".

Ma in queste missive cosa viene chiesto in pratica a Golob e alla Pirc Musar?
"Noi chiediamo (in base logicamente a quelle che sono le loro competenze) un loro intervento diretto sul ministero della Cultura e sull'ispettorato affinchè non venga più richiesta la traduzione dei nomi originali degli odonimi di piazze, piazzette, vie, calli, callette del Comune di Capodistria e di tutti gli altri comuni costieri".

D'altronde come aveva già fatto notare al sottosegretario Rusjan durante l'incontro di febbraio la legge sull'uso pubblico della lingua slovena, ad esempio, non detta di riscrivere il suo nome in sloveno, ma che questo resta Felice anche sulla carta d'identità slovena. "In qualsiasi stato democratico i nomi propri sui documenti non sono tradotti", conclude, "perchè il rispetto a chiamarsi come si vuole rientra tra i diritti universali dell'uomo" e questo dovrebbe valere anche per gli odonimi e i toponimi.

Barbara Costamagna