Quella di Vittoria Colonna, nobildonna romana e marchesa di Pescara, è una storia di amore, di poesia, di morte, di sofferenza e di arte, e i suoi versi ne sono la prova. Così come è stato possibile rendersene conto durante la serata culturale di ieri, che si è alternata fra lettura di alcuni sonetti, accompagnate da musiche per liuto eseguite da Boris Šinigoj, e contributi in italiano e in sloveno di quanti hanno contribuito alla riuscita del progetto editoriale.
Senegačnik spiega come nasce la scelta di tradurre Colonna: "Le prime traduzioni sono apparse già nel 1940, di Alojz Gradnik, ma sono solo 6 sonetti, mentre qui ne abbiamo più di 100, ovvero oltre un quarto di tutta l'opera di Vittoria Colonna."
Figlia di una delle più importanti famiglie nobiliari romane, Vittoria Colonna venne promessa in sposa a Ferdinando D'Avalos quando i due erano ancora bambini per sancire un'alleanza strategica. Questo non le impedì di innamorarsene così come di diventare una delle donne più affascinanti e importanti del Rinascimento italiano, costruendo legami con alcuni dei più grandi nomi del periodo come Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, e tanti altri. La sua poetica si raccoglie intorno a due tematiche: l'amore e il dolore per una prematura vedovanza, poiché il suo amato morì giovane, e una spiritualità molto intensa per cercare di capire meglio il mistero della fede. Come se non le rimanesse altro che l'arte della poesia per poter trascendere dalla voglia di raggiungere il suo amato. Scrisse tantissimo negli anni che seguirono il lutto, ma non si dedicò mai alla pubblicazione.
Il traduttore Matej Venier spiega così la sua esperienza di traduzione: "la parte più difficile è stato capire quello che voleva intendere la poetessa, perché era la comprensione stessa della lingua a essere complicata, visto che i sonetti sono scritti in italiano antico e quindi con termini desueti. Poi dopo era difficile la forma, molto rigorosa in endecasillabi. Infine, la parte più complicata è stata quella legata alla ricerca delle rime, al rispetto delle parole in rima". E sulla figura femminile di Colonna Venier afferma: "era una figura molto femminile, poi era molto triste perché non aveva potuto avere figli. Anche se non fece mai riferimento a questo tema, se non in un sonetto, nel quale scrive che i sonetti sono i suoi figli che vivranno in eterno."
E' la professoressa Farinelli a descrivere con sapienza lo stile poetico di Colonna: "è una scrittrice molto composta, che adotta uno stile alto, duro, grave, non intimo, però poi c'è anche una Vittoria Colonna un po' più originale, soprattutto nei sonetti più spirituali, e sentiamo che ha qualcosa da dire, che vuole difendere, laddove dice di voler portare il messaggio del Vangelo."
Valerio Fabbri