Con il ritorno ad una normalità in Austria, dopo l’epidemia di COVID 19 che ha portato il paese alpino sulle prime pagine dei giornali mondiali per il ritardo nel chiudere la località sciistica di Ischgl diventata una dei principali focolai della malattia anche fuori dai confini nazionali, Vienna riprende la sua linea volta a negare le responsabilità da parte delle autorità locali sulla diffusione del contagio, nonostante già in marzo molti stati avessero segnalato Ischgl come uno dei centri dell’epidemia visto che molti loro cittadini si erano infettati proprio in questo polo sciistico.
Non sono valse le denunce sia a livello locale sia a livello internazionale a far sì che venisse fatta chiarezza, visto che anche il Land coinvolto, quello del Tirolo, con grandi difficoltà sta ancora istituendo una commissione di indagine, tra le pressioni di coloro che vogliono sapere la verità e quelli che invece intendono solo dire che la colpa non è di nessuno.
E tra questi probabilmente c’è anche il cancelliere Kurz che in questi giorni ha affermato la necessità di essere prudenti nella ricerca dei colpevoli, visto che sarebbe insensato a livello internazionale indicare qualcuno come responsabile della pandemia. Kurz, però, nella sua esternazione ha anche aggiunto che d’altronde lui non pretenderebbe mai le scuse da parte dell'ospite straniero, che probabilmente avrà portato il virus nel polo sciistico austriaco, perché sicuramente non è stato fatto intenzionalmente e casualmente il primo ministro ha scelto come esempio di probabile"untore" fra tutte le nazionalità possibili, un fantomatico ospite “italiano”. Il governo austriaco, quindi, non intende chiedere scusa, anche perché ha aggiunto Kurz molti altri poli sciistici potrebbero aver concorso alla diffusione del virus .
Peccato che il premier austriaco si dimentichi che l’accusa rivolta da più parti a Ischgl ed alle autorità austriache non riguarda il fatto di essere stata un focolaio di per se, ma di non essere intervenuti per ben una settimana, nonostante segnalazioni fossero arrivate ufficialmente da più parti, dimostrando un cinismo che forse neanche la pandemia sembra aver fatto scomparire.
Barbara Costamagna