Renzo Codarin Foto: La voce del popolo
Renzo Codarin Foto: La voce del popolo

Un buco di 300 mila euro, visite della Guardia di Finanza, addii dal Consiglio di di amministrazione e persino un avviso di garanzia per la presidente Cristina Benussi. La sua posizione, però, è stata già chiarita e l'indagine per malversazione è stata archiviata.

Tempi difficili per l'Università popolare di Trieste. Oggi il quotidiano "Il Piccolo" parla, senza mezzi termini di "aria pesante" nell'Ente dopo le dimissioni dal cda di Renzo Grigolon e Roberto Fermo, che rispettivamente rappresentavano i soci ed il Comune. Il passivo si sarebbe accumulato negli ultimi anni. A preoccupare, però, non è soltanto l'ammanco, ma anche il futuro dell'Ente. Stefano Lusa ne ha parlato con Renzo Codarin vicepresidente dell'Università popolare.

REP:

CODARIN: "Problemi dell’ente non sono soltanto per questa perdita che pesa, anche perché il patrimonio la copre abbondantemente. In questo momento c' è uno stallo operativo che non va bene, per cui sia la Regione, che si è appena insediata, sia il Ministero degli Esteri, assieme agli altri enti: Comune e Federazione esuli, devono probabilmente trovarsi e decidere cosa fare dell'Università Popolare di Trieste".

REP: Pesa sull' Università Popolare in qualche modo la gestione Serracchiani, quella voluta dalla precedente giunta regionale?

CODARIN: "Io credo che la precedente Giunta Regionale si è intromessa troppo sull'attività dell'Università Popolare di Trieste e anche sull'attività degli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, non rispettando le competenze che c'erano e che ci sono. Questo, in un momento in cui la Regione è cambiata e torna anche un’attività istituzionalmente più corretta, ha creato un vuoto; prima era troppo riempito, adesso si aspettano indicazioni".

REP: Quali saranno adesso, Renzo Codarin, a suo avviso i tempi per arrivare a una nuova gestione dell'Università Popolare di Trieste?

CODARIN: "Penso che aldilà di questa fase di stallo nei prossimi mesi la situazione si dovrà chiarire, gioco-forza".


Stefano Lusa