È una firma che chiude una storia durata un secolo, e apre nuovi scenari di convivenza e dialogo in Friuli Venezia Giulia: lo stesso Presidente Sergio Mattarella, che nel luglio del 2020, in occasione dell’omaggio ai luoghi della memoria, aveva assistito con il presidente Borut Pahor alla firma del protocollo per il passaggio dell’edificio del Narodni Dom alla comunità slovena in Italia, ha voluto presenziare personalmente alla cerimonia che chiude il processo e restituisce definitivamente l’edificio alla fondazione Narodni Dom, nata proprio per permettere questo storico passaggio.
L’edificio, sede delle organizzazioni degli sloveni triestini quando fu incendiato dai fascisti il 13 luglio 1920, e poi espropriato, è stato assegnato ufficialmente alla Fondazione, che lo concederà in uso gratuito alla comunità slovena del Friuli Venezia Giulia.
A siglare materialmente l’accordo nella sala della Prefettura di Trieste, e a intervenire nel corso della breve cerimonia, sono stati il rettore dell’università di Trieste, Roberto Di Lenarda, e l’avvocato Rado Race, presidente della Fondazione Narodni dom. “È un momento storico non soltanto per la comunità slovena – ha commentato Race al termine della cerimonia - ma anche per tutta Trieste: si tratta di archiviare i vecchi rancori, di chiudere una pagina della storia e aprirne una nuova. Questo è il messaggio politico che promana dalla giornata di oggi”.
“Il Presidente Mattarella – ha continuato – mi ha detto di aver apprezzato il discorso che ho fatto, in particolare per l'aspetto politico sull'unità d'azione della minoranza, e ci ha augurato buon lavoro per il futuro: se da punto di vista strettamente formale del passaggio di proprietà la questione è definita, ora si tratta di preparare il tutto perché fra 10 anni, forse anche prima, avremo a disposizione l'intero fabbricato”.
Anche il Rettore Di Lenarda ha ricordato come "il percorso che ha portato alla restituzione del Narodni Dom è stato caratterizzato da fasi lunghe e complesse, perché dovevamo in tutti i modi trovare una soluzione che fosse accettabile e onorevole per tutti. Questo accordo - ha aggiunto - porta a compimento un percorso iniziato 20 anni fa. ma soprattutto è statao raggiunto in serenità, pace, concordia e con una prospettiva verso il futuro: deve essere un modo per guardare con ottimismo al futuro, un momento fondamentale per la nostra città, per la nostra regione, è per i nostri stati".
Si tratta di un passaggio non breve, si prevedono 10 anni per allestire la nuova sede della scuola per interpreti, e poi trasformare il Narodni Dom, ma ora non ci sono più ostacoli per far ridiventare l’edificio il centro delle attività e della cultura della comunità slovena del Friuli Venezia Giulia. Per concretizzare il, passaggio dovrà essere però ristrutturato il cosiddetto “Gregoretti 2”, un edificio del comprensorio dell’ex OPP di san Giovanni, messo a disposizione dal comune, dove troverà posto la Scuola per interpreti e traduttori. Solo a quel punto la comunità slovena potrà gestire l’edificio, che, dice Race, dovrà diventare un centro multiculturale, magari con una scuola internazionale sotto l’egida dell’Unione Europea all’interno, e dove “saranno presenti tutte le componenti e le comunità che abbiamo a Trieste, religiose ed etniche”. “È difficile entrare nel dettaglio al momento – aggiunge -: sicuramente ci saranno le sedi delle organizzazioni slovene, quelle culturali, sportive, probabilmente anche i mezzi d’informazione. Faremo delle ricerche, soprattutto con i giovani, perché loro sono i veri destinatari dell'immobile, per vedere cosa si aspettano, che idee hanno, e, se mi si concede una nota meno seria – conclude - sul tetto vedrei bene un ristorante perché c’è una vista su Trieste eccezionale”.
Materialmente sono stati firmati due documenti, uno per il passaggio dell’edificio e un altro in cui il comune cede in uso gratuito il Gregoretti 2, all’Università, per dare una nuova sede alla Scuola per traduttori e interpreti.
Il percorso è stato complesso sia dal punto di vista politico (è stato contestato da parte della destra locale anche negli ultimi giorni), sia amministrativo: è stato necessario modificare l'articolo 19 della legge di tutela, che è stata la base giuridica sulla quale ha appoggiato tutta l'operazione, e come se non bastasse è arrivata anche la pandemia che aveva messo in dubbio perfino l’omaggio dei presidenti ai luoghi della memoria che ha segnato una svolta nel dialogo fra le comunità nella regione.
La solennità del passaggio è stata sottolineata anche dal presidente della regione Massimiliano Fedriga, presente con altre autorità alla firma. “Quella compiuta dal Capo dello Stato, di venire oggi a Trieste, è una scelta importante, vista la particolare situazione di crisi internazionale – ha detto - : Trieste è stata sempre, soprattutto in ambito culturale e scientifico, centro europeo di incontri e di dialogo fra mondi a volte anche contrastanti tra loro". Il passaggio odierno testimonia il consolidamento dei rapporti di collaborazione e di amicizia tra l'Italia e la Slovenia, e "in questo - ha aggiunto il governatore - si inserisce il superamento dei retaggi del Novecento, che per queste terre hanno significato un periodo di divisione e diffidenze a cui oggi possiamo guardare come momenti appartenenti a un'epoca passata, perché il presente ci proietta in una prospettiva in cui la pacifica convivenza e la cooperazione – ha concluso - diventano una concreta opportunità di sviluppo che abbiamo il dovere di cogliere".
Anche Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli interni presente alla firma, ha ricordato come si tratti di "un nuovo inizio dopo un percorso storico così travagliato: la presenza del Presidente della Repubblica, insieme a quella del presidente della Regione Massimiliano Fedriga, del Sindaco Roberto Dipiazza, della senatrice Tatjana Rojc e di molte altre autorità - ha aggiunto - sono il segno tangibile del peso e dell’importanza che lo Stato Italiano conferisce a questo atto di riconciliazione tra due popoli amici, allontanati dall’odio e dalla guerra, ma ora stretti da un patto di amicizia e solidarietà. Oggi gli sloveni d’Italia e gli italiani di Slovenia non sono più minoranze straniere separate dalla propria terra da una cortina impenetrabile, ma popoli che vivono e collaborano insieme dentro la comune casa europea".
Alessandro Martegani