La sede dell'Ordine dei Giornalisti di Trieste ha ospitato un seminario intitolato “Il difficile rapporto tra giornalismo e salute mentale”. I quattro relatori, Gianpaolo Carbonetto, giornalista e saggista che ha lavorato per quasi quarant'anni al Messaggero Veneto, Maria Angela Bertoni, psichiatra e dirigente responsabile del Csm di Udine Sud, Berenice Pegoraro, coordinatrice del centro diurno del DSM “Comunità Nove – Cooperativa Sociale Itaca” ed Alessandra Oretti, direttrice del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e Psichiatra di Consultazione dell'Ospedale Maggiore di Trieste.
Il giornalismo spesso tratta con troppa superficialità le tematiche legate alle malattie mentali, semplificando e generalizzando sotto il termine “pazzia” diversi tipi di patologie. Serve quindi codificare una metodologia per comunicare correttamente i fatti di cronaca dove potrebbero esserci dei coinvolgimenti di chi è affetto da disturbi psichici, in modo da non ledere la dignità della persone coinvolte, soprattutto nel caso di vittime.
Sentiamo a questo proposito le parole di Alessandra Oretti, dirigente del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell'Ospedale Maggiore di Trieste: “credo sia proprio una questione di rispetto e di favorire una visione ed anche un'immagine più adeguata delle persone che attraversano le esperienze del disturbo mentale. Il suggerimento che quindi noi abbiamo dato in questa sede è quello dell'importanza di osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i cittadini con un disturbo mentale. In particolare è molto importante che nei media venga prestata massima attenzione ad usare termini appropriati, non lesivi della dignità umana, quindi non stigmatizzanti od in qualche modo di pregiudizio, cioè legati a pregiudizi, per definire sia il cittadino con disturbo mentale, qualora esso sia oggetto di cronaca, sia il disturbo di cui la persona è affetta. Ed anche prestare attenzione al comportamento che gli si attribuisce, così da non alimentare proprio un carico, in qualche modo, di stigma che purtroppo è ancora molto presente nella nostra società è che è importante appunto che il mondo dell'informazione non continua veicolare”.
Davide Fifaco