Costa-Gavras
Costa-Gavras

I suoi film hanno raccontato aspetti di attualità del mondo, ma hanno anche esplorato profondamente la personalità dei personaggi che ha proposto al pubblico mondiale.
Giunto Trieste per ricevere il Premio Salvador Allende nel corso della cerimonia di premiazioni della 39 esima edizione del festival del cinema ibero-latino americano di Trieste, Costa-Gavras, regista nato in Grecia, ma francese di adozione, famoso per film che raccontano l’Europa, come “Z- L’orgia del potere”, ma anche girati negli Stati Uniti, come “Missing” con Jack Lemmon (che ha portato Costa-Gavras a vincere l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale), “Music Box” con Jessica Lange, o “Mad City” con John Travolta e Dustin Hoffman, ci ha raccontato la sua esperienza sulla regia, sull mondo del cinema, ma anche la sia visione dell’attualità e del futuro.
Giunto in Francia nel 1952, a soli 19 anni, dopo aver lasciato la Grecia, ha potuto dedicarsi, con grande libertà, ci racconta, alla sua passione, il cinema, di cui ama curare non solo la regia, ma anche altri aspetti come la sceneggiatura.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

“Quando sono arrivato in Francia, nella stazione c’era una lunga scala con alla fine la statua di un mostro: quella è una delle prime immagini che ho di quel momento. Una sensazione molto forte, e poi pioveva, il tempo era brutto, tutto sembrava negativo. Ho pensato: "Ma dove sono finito?". Tuttavia, a poco a poco, le cose sono cambiate completamente: ho trovato un paese che mi ha accolto benissimo e che mi ha permesso di fare tutto quello che desideravo. Fu più di quanto avessi mai potuto sperare”.
“È stata – aggiunge - una grande trasformazione personale. La Francia mi ha cambiato profondamente. Mi ha permesso di essere un uomo libero. Non dovevo più fare attenzione a quello che pensavo o dicevo. In Francia ho imparato cosa significa vivere da uomo libero, e questo ha cambiato tutto per me: venivo da un paese dove la libertà era proibita, e sono molto grato alla Francia per questo, perché mi ha dato la possibilità di esprimermi liberamente e di fare ciò che amavo fare”.
La grande celebrità però è arrivata anche grazie alle pellicole che ha girato negli Stati Uniti, una realtà divedsa, racconta, in cui però ha sempre portato la propria personalità, le proprie radici culturali, il proprio modo di lavorare. “Io ho osservato gli americani, il loro modo di pensare, di agire, ho fatto quattro o cinque film in America, ma sempre con la mia visione di cosa sono gli americani. Per esempio, “Missing”, ma anche gli altri film girati negli Stati Uniti, avevano sempre la mia visione della società americana”. “In “Missing”, c’è l'idea di un padre che cerca suo figlio: alla fine, attraverso la ricerca del figlio, il padre scopre anche il suo mondo, il suo paese. Questa relazione, una piccola relazione, un piccolo sentimento tra padre e figlio, si trasforma in qualcosa di più grande. Un piccolo sentimento diventa un sentimento collettivo”
“Nel caso della Grecia, quando i colonnelli presero il potere, bisognava fare qualcosa contro di loro. Si parlava di fare un sit-in davanti all'ambasciata, firmare petizioni. Ma tutto questo sembrava poco. Siccome avevo gli strumenti per fare un film, dissi: "Faccio un film” (Z - L'orgia del potere, n.d.r.). Mi è capitato altre volte di voler fare un film su un tema specifico, ma di non riuscire a trovare la storia giusta per raccontarlo. Non sempre si riesce a dar vita all’idea che si ha in mente”.
Costa-Gavras sottolinea più volte l’importanza delle proprie origini, la necessità di non abbandonare mai le proprie radici perché, “ognuno ha la sua nazionalità, le sue radici, ma – aggiunge - quello che mi interessa non è questo, ma il carattere del personaggio. A meno che la nazionalità non giochi un ruolo fondamentale nel suo carattere, cosa che può accadere. Un italiano si comporta come un italiano, un francese, come un francese, ed è essenziale sapere da dove viene il personaggio, quali sono le sue radici, quali sono i suoi pensieri legati alla sua provenienza, e come pensa, al di là della sua filosofia di vita, non possiamo separare il personaggio dalla storia. Sono completamente legati, a partire dal momento in cui seguiamo un personaggio, seguiamo la sua storia, la sua psicologia, il suo modo di pensare. Un americano è un americano, un francese è un francese, e così via”.
Un’impostazione che ha anche condizionato il modo di lavorare del regista “Per quanto riguarda i film americani, posso dire che ho sempre avuto l'ultima parola sul montaggio. Ho sempre preteso di fare la post-produzione in Francia, non a Hollywood. Questo perché Hollywood è come un grande mostro, molto accogliente e affascinante all’inizio, ma che può finire per inghiottirti se non stai attento. Dopo aver finito un film, ti senti molto vulnerabile, e Hollywood può diventare un luogo molto pericoloso se non hai il controllo della tua opera. Per questo motivo, ho sempre insistito nel mantenere il controllo totale sul montaggio dei miei film e di farlo a Parigi, non a Hollywood. I produttori americani lo hanno sempre accettato, altrimenti non avrei fatto quei film”.
Non è mancato un pensiero all’attualità e alla libertà di espressione. “Oggi c’è la libertà di fare ciò che si vuole in molti paesi in occidente, ma non in tutto il Mondo, e dobbiamo ricordarcelo, anche nel campo del giornalismo”. Anche le regole che rischiano di diventare sempre più rigide, e a volte anche limitanti per chi fa attività culturali o di espressione come il cinema, non sembrano preoccupare il regista: “La questione non è essere politically correct. Io racconto la mia vita, dico “questa cosa mi piace o non mi piace”, e lo spettatore accetta o non accetta; è un dialogo, come quello che stiamo avendo ora. È come quando siamo insieme a cena, in un incontro tra amici, e raccontiamo una storia. È quello che ho fatto io, ma con i film. La questione non è cercare di piacere a tutti, di trovare un modo per essere gentile con uno o con l'altro. È la mia visione, e basta”.
Riguardo a nuovi possibili soggetti per un film su fatti di attualità Costa-Gavras però è dir poco tranchant: “La situazione attuale del mondo di oggi è un disastro completo, non saprei cosa raccontare. Forse per riuscire a raccontare un disastro simile ci vorrebbe un regista della commedia classica all’italiana, forse lui ci riuscirebbe”.
Costa-Gavras non chiude però la porta alle nuove tecnologie, come le distribuzioni dei film online, sulle piattaforme come Netflix o Amazon, ma con qualche avvertimento: “Ci sono dei lati positivi e negativi. Gli aspetti positivi sono che molte persone possono vedere i film in televisione, o sul telefono, ma è meglio in televisione. Le persone che non possono permettersi di andare al cinema possono vedere dei bei film, e questo è positivo”.
“Il lato negativo è che lo vedono in condizioni non ottimali. Penso che uno spettacolo cinematografico debba essere visto su un grande schermo, tutti insieme. Dicevo ieri che nell'antichità si costruivano grandi teatri per riunire la popolazione davanti a un'opera e interagire insieme. Per formare una comunità, una comprensione collettiva, per sentire che non si è soli. Ecco, vivere la stessa situazione è fondamentale, come nella vita reale: vivere lo stesso momento di difficoltà o piacere insieme. Penso che sia essenziale vedere i film nelle sale, con altre persone, perché la solitudine è terribile”.

Alessandro Martegani