Foto: Martegani
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Una collaborazione nata già prima della fine della Jugoslavia, sancita ufficialmente 30 anni fa, proprio al circolo della Stampa di Trieste, e che ha un obiettivo comune di fondo: dare pari dignità e diritti ai lavoratori frontalieri che ogni giorno attraversano il confine.
Il Consiglio sindacale interregionale Friuli Venezia Giulia / Slovenia ha compiuto oggi 30 anni, tre decenni che hanno visto l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, l’arrivo dell’Euro, la caduta delle frontiere, ma anche il Covid, che aveva reso nuovamente difficile attraversare i confini anche per chi lo faceva per lavorare.

Nonostante tutto però l’organizzazione, che rappresenta un punto di contatto, dialogo e azione per i sindacati dei due paesi, non si è mai fermata, cercando sempre di migliorare le condizioni dei lavoratori frontalieri, figure non ancora ufficialmente riconosciute.

Tutte le iniziative hanno riguardato i lavoratori transfrontalieri, - dice Roberto Treu, presidente del CSI nord est - ma anche il confronto fra le categorie di diversi settori, la tutela della sicurezza sul lavoro, i problemi delle pensioni, della sanità transfrontaliera, ma anche temi come quello delle minoranze e della tutela, e più in generale della pace e della lotta per la democrazia contro ogni rigurgito di estremismo, che in questa terra sarebbe particolarmente grave”.

Serve un accordo bilaterale fra Italia e Slovenia per riconoscere la figura del lavoratore frontaliero e applicare tutte quelle norme che non discriminino, non penalizzino i frontalieri e aiutino a far emergere il lavoro nero che c'è in questi settori”.

Roberto Treu

“Sul piano politico -aggiunge – il CSI stato un grande elemento di collaborazione, sul piano umano e sindacale una ricchezza straordinaria reciproca. La collaborazione è nata già prima della fine della Jugoslavia, ma poi è proseguita in maniera intensa durante tutto la trasformazione delle Slovenia nella Repubblica indipendente e poi nell'adesione all'Unione europea, le applicazioni di Schengen e poi l'introduzione dell'euro. Noi su tutte queste cose abbiamo fatto un grosso lavoro, unitariamente, con tutti i sindacati italiani e sloveni, e abbiamo accompagnato e sostenuto questo processo, accanto a quello di legittimazione dei diritti. Quello che non siamo riusciti a fare è un accordo bilaterale fra Italia e Slovenia per riconoscere la figura del lavoratore frontaliero e conseguentemente applicare tutte quelle norme che non discriminino, non penalizzino i frontalieri e aiutino a far emergere il grande lavoro nero che c'è in questi settori”.

Foto: ARC
Foto: ARC

Nel corso dell’incontro è stata anche presentata una bozza di protocollo sui lavoratori frontalieri, con l’obiettivo di arrivare a una sottoscrizione fra i due governi nel corso del 2025, quando Italia e Slovenia saranno ancora più unite dalla Capitale della cultura.
Fra i punti sottolineati, l’armonizzazione delle normative in campo fiscale e previdenziale, e soprattutto la lotta al lavoro nero, che attualmente rappresenta il 70 per cento dell’attività svolta dai lavoratori frontalieri: garantendo pari diritti e dignità, si può anche far emergere questo fenomeno. Fra le proposte anche la creazione di un organismo in grado di seguire come evolve la situazione del lavoro frontaliero e intervenire sulla sua evoluzione.

Presente all’incontro anche il Presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, ringraziato da Treu per il contributo dato al dialogo in questi anni, così come ha fatto, ha detto, anche la comunità slovena in Italia.

Nonostante il regolamento europeo del 2011, sancisca chiaramente che un lavoratore dell’Unione europea ha diritto allo stesso trattamento in qualsiasi paese dell’UE, la situazione reale è molto diversa"

Damjan Volf

Damjan Volf, segretario generale del sindacato KS 90, ha poi sottolineato l’importanza dell’organizzazione e la necessità di rafforzare la collaborazione, per eliminare le differenze nella legislazione sul lavoro e sul welfare. “Nonostante il regolamento europeo del 2011, sancisca chiaramente che un lavoratore dell’Unione europea ha diritto allo stesso trattamento in qualsiasi paese dell’UE, la situazione reale è molto diversa: ci vogliono anche accordi bilaterali in materia fiscale – ha aggiunto - un lavoratore deve avere a che fare solo con le autorità fiscali del paese in cui lavora”.

La Regione vuole impegnarsi a presentare nuove proposte al Governo nazionale per ridurre la discrasia nel trattamento del lavoro transfrontaliero tra la nostra e altre aree confinarie del Paese".

Alessia Rosolen

"La Regione Friuli Venezia Giulia - ha detto invece l'assessora regionale al Lavoro Alessia Rosolen intervenendo alla conferenza - vuole impegnarsi a presentare nuove proposte al Governo nazionale per ridurre il piů possibile la discrasia nel trattamento del lavoro transfrontaliero tra la nostra e altre aree confinarie del Paese".
"Nel corso degli anni - ha aggiunto - la collaborazione tra Regione e Csi Fvg-Slovenia ha posto le basi per azioni comuni con cui analizzare il mercato del lavoro transfrontaliero e favorirne uno sviluppo integrato, per evitare eventuali possibili fenomeni di dumping sociale, per il confronto e l'armonizzazione dei contratti, nonché per la tutela dei pensionati".

Alessandro Martegani