Un’economia di fatto stagnante, con un comparto industriale che arretra in quasi tutti settori ma sostenuto dalle costruzioni, alimentate dal superbonus e poi dal PNRR. È il quadro dell’economia del Friuli Venezia Giulia tracciato dalla Banca d’Italia, che ha presentato nella sede di Trieste il rapporto "Economia del Friuli Venezia Giulia, aggiornamento congiunturale".
Il direttore della sede di Trieste della Banca d’Italia, Marco Martella, ha illustrato i contenuti dello studio che si basano su dati dei primi sei o nove mesi del 2024, e su un’indagine svolta su un campione d’imprese: il giudizio generale è quello di un’economia che non riparte, stagnante, a fronte di una crescita del resto del paese, anche se inferiore a un decimo di punto, rispetto allo stesso periodo del 2023. “Il rallentamento - ha sottolineato Martella - dipende da un quadro internazionale debole”, che avrebbe penalizzato in particolare le imprese della regione che puntano molto sull’export: “la dinamica positiva nei servizi e nelle costruzioni si è contrapposta alla flessione nei comparti industriali, a eccezione dell'agroalimentare e della cantieristica navale”.
A pesare sui dati delle imprese sono stati anche gli alti costi dei finanziamenti e materiali, ma anche una domanda che rimane incerta anche se, hanno specificato gli esperti della Banca d’Italia di Trieste, fra gli imprenditori c’è qualche attesa di ripresa legata alla possibile stabilizzazione del quadro internazionale, e anche ai possibili incentivi europei per la riduzione dei costi energetici.
Nella manifattura il valore aggiunto era già in calo dal 2022, e si sta protraendo da quasi due anni, con una flessione del fatturato in quasi tutti i comparti (soprattutto per il calo della domanda estera) del 10,9 per cento al netto della cantieristica, con flessioni importanti nella metallurgia e nell’elettronica. A salvare l’economia dal segno meno c’è però il settore delle costruzioni, che ha beneficiato del superbonus negli anni passati e ora sfrutta l’onda dei finanziamenti del PNRR che hanno favorito gli investimenti pubblici di Regione e comuni, portando la crescita al 22,8 per cento.
Rimangono in attivo, anche se meno dello scorso anno, le attività portuali, a più 4,9 per cento, sostenute dal traffico petroli, ma calano del 3,6 il Ro-Ro e del 7,1 i container, soprattutto per gli effetti della crisi nel mar Rosso, che però si starebbero attenuando.
Sul fronte del lavoro aumenta il numero degli occupati e cala la disoccupazione, giunta al 4,2 per cento; il saldo fra contratti terminati e avviati rimane positivo del sei per cento, e aumentano anche le ore di cassa integrazione richieste.
I dati su consumi e famiglie confermano la debolezza della domanda interna. C’è una crescita dei redditi e del risparmio ma non dei consumi, che sono rimasti stagnanti. Aumentano invece gli investimenti in titoli di stato e obbligazioni.
Alessandro Martegani