Una procedura illegale, che lede i diritti fondamentali dei migranti e su cui al momento sembra non esserci nemmeno chiarezza.
È questo il giudizio che organizzazioni umanitarie come RiVolti ai Balcani, Altreconomia, l’Associazione studio giuridici per l’immigrazione, e Il Consorzio italiano di Solidarietà danno delle riammissioni al confine, pratica dichiarata illegittima dal tribunale di Roma nel 2020, ma sostenuta dall’attuale governo che ne ha annunciato la ripresa.
Proprio ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva invitato a non sottovalutare la situazione dell’immigrazione al confine con la Slovenia: “Quella delle riammissioni – ha detto - è una delle soluzioni a cui stiamo pensando".
Per i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, che hanno organizzato un incontro on line per fare il punto sulla situazione, si tratta di una pratica che lede i diritti dei migranti, oltre che le regole comunitarie e italiane, e oltretutto in questa fase, ha detto Duccio Facchini di Altreconomia, non si capisce che cosa stia succedendo, visto che la circolare del ministro Piantedosi “in realtà non è mai saltata fuori e anche le dichiarazioni del governo alimentano un clima d’incertezza”.
Sta di fatto che l’annuncio della ripresa delle riammissioni ha causato, come ha detto l’avvocato Caterina Bove, dell’Associazione studi giuridici per l’immigrazione, “sconcerto e preoccupazione, sia dal punto di vista umano, sia da quello giuridico”. “Il tribunale di Roma – ha ricordato - aveva avvalorato l’illegittimità di queste riammissioni, perché l’accordo fra i paesi non è mai stato ratificato e quindi non può derogare alle leggi interne degli stati o alle regole europee”.
Queste procedure, è stato ricordato, ledono i diritti dei migranti e la Costituzione italiana, perché non mettono le persone in condizione di richiedere asilo, e inoltre limitano la libertà personale dei migranti che vengono respinti senza alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Secondo Anna Brambilla, avvocato dell’ASGI, il rischio è che “interi gruppi di persone vengano respinti informalmente alla frontiera senza una valutazione delle situazioni individuali e senza dare una reale possibilità di fare richiesta di asilo. Si tratta di procedure che hanno problemi di opacità e scarsa trasparenza”.
“L’aspetto grave delle riammissioni fra Italia e Slovenia, rispetto a quelle fatte dalla Francia verso l’Italia, - ha aggiunto - è che le persone vengono via via riportate in Croazia e poi in Bosnia o in Serbia, e tenute in condizioni inaccettabili, e inoltre la Francia rilascia comunque un provvedimento scritto”.
Proprio sulla catena di riammissioni che riportano i migranti fuori dall’Unione Europea senza alcuna procedura che garantisca il diritto di asilo, si è concentrato Gianfranco Schiavone dell’Ics di Trieste: “Nel 2020 tutte le persone, o quasi tutte le persone che intendevano chiedere protezione internazionale dall'Italia – ha detto - sono state deportate senza provvedimenti ufficiali con respingimenti a catena attraverso la Slovenia e la Croazia, e poi infine rinviate in Bosnia”. “Siamo di fronte – ha aggiunto - a una strategia complessiva che punta a tenere al di fuori dai confini dell'Unione Europea i rifugiati, e a confinarli in paesi terzi. I respingimenti a catena sono lo strumento fondamentale per poterlo fare, e sembra che la spinta che l'Italia voglia dare sia quella di chiedere a questi paesi, Slovenia e Croazia, di tornare a fare insieme le riammissioni a catena illegali: sostanzialmente quindi, una richiesta di violare insieme le leggi dell’Unione Europea”.
Alessandro Martegani