Si stanno definendo le sfide in vista delle elezioni amministrative di fine maggio in Friuli Venezia Giulia. Nel giro di pochi giorni due sindaci delle due principali città dell’Isontino, Gorizia e Monfalcone, hanno ufficializzato la volontà candidarsi per un secondo mandato. Come il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, anche Anna Maria Cisint, prima cittadina di Monfalcone, è sostenuta dal centro destra, e ha deciso di correre per la conferma alla guida della città dei cantieri, probabilmente anche rinunciando ad altre possibilità, come quella di una candidatura per il Consiglio regionale.
Cosa l'ha convinta a candidarsi di nuovo a guidare l’amministrazione di Monfalcone?
“I tanti cittadini che me lo chiedono: mi dicono ‘non devi mollare, abbiamo bisogno di andare avanti’, e su questo io sono d'accordo. Abbiamo bisogno di andare avanti: abbiamo fatto tantissimo in questi cinque anni, abbiamo riposizionato la città ai vertici di una regione che sta facendo benissimo. Monfalcone è la quinta città del Friuli Venezia Giulia, ma è la quarta per PIL ed export. Siamo riusciti a dare la percezione di una città che non è soltanto cresciuta, ma è dinamica. Abbiamo ritrovato anche il bandolo della matassa per quanto riguarda il nostro futuro: Monfalcone ora è una città che sa di poter vivere di porto, che sa di poter vivere di nautica, che sa di avere dei servizi e un litorale importantissimo. Alla base della mia scelta c’è la motivazione, e soprattutto il desiderio di veder realizzate le tante cose anche che sono già state avviate e di non ritornare nel buio che avevo ereditato”.
Lei nella prima campagna elettorale, e anche nel corso del mandato, ha spesso sottolineato i problemi sociali della città, legati soprattutto alla presenza di molti lavoratori stranieri: la situazione si è normalizzata?
“No, io ritengo di no assolutamente, penso che ci siano delle situazioni che debbano essere affrontate da chi sta nei luoghi in cui si fanno le norme, e soprattutto che ci sia un sistema produttivo che debba essere rivisto, e su questo siamo lavorando molto. Abbiamo lavorato anche con Fincantieri, e devo dire che ora siamo riusciti ad far applicare in maniera importante il principio della responsabilità sociale d’impresa, che prima mai si era riuscita o aveva voluto applicare. C'è ancora tantissima strada da fare però, perché l'azienda è un'azienda importante: noi produciamo a Monfalcone le navi più belle e più grandi che navigano poi su tutti i mari, ma non abbiamo la possibilità di far lavorare il territorio, e io ritengo che questo sia un passaggio sul quale dobbiamo lavorare e lo facendo, anche con gli artigiani. Ho incontrato di recente e sia il CNA sia la Confartigianato, e credo che proprio il piccolo imprenditore debba essere una componente importante della capacità di realizzare le navi. Per questo dico che c'è tanto da fare, e questo è il motivo per cui credo che nei prossimi cinque anni verranno consolidate le tante attività che sono partite, i tanti investitori che hanno deciso di venire a Monfalcone. La Red Bull ad esempio quando è arrivata ha visto nella nostra realtà del litorale proprio un’opportunità di far diventare Monfalcone il suo mare per lo sport, centrale nel mondo. Stiamo lavorando per le eccellenze, perché queste eccellenze consentiranno ai nostri giovani di rimanere sul territorio per lavorare e creare il loro futuro, il nostro futuro”.
Nonostante la speranze legate all’attenuarsi della pandemia, ora anche voi amministratori dovete far fronte all’aumento dei prezzi, una dinamica peggiorata dalla guerra in Ucraina, che richiede fra l’altro anche di attivare l’accoglienza ai profughi. Tutto questo la preoccupa?
“Assolutamente sì: abbiamo già degli ospiti, e stiamo aspettando circa 60 donne e bambini che arrivano dall'Ucraina. Sono persone che mi colpiscono tantissimo, perché al momento del loro arrivo, disperate, ci dicono ‘noi appena possiamo torniamo a casa’. Siamo in una situazione che riteniamo tutti intollerabile, perché evidentemente la Seconda guerra mondiale non ci ha insegnato quali tragedie e quali sofferenze portano i conflitti. È una situazione che conosciamo bene perché dobbiamo gestire i passaggi dell’accoglienza con la Protezione civile ogni giorno: c'è un flusso importantissimo di persone disperate, donne, bambini, che lasciano i loro uomini, i loro fratelli, i loro mariti di là. Però non collegherei assolutamente questa drammatica situazione al problema che abbiamo sull'energia e sul costo del carburante: ritengo sia necessario veramente porre rimedio in maniera rapida a questo intollerabile aumento dei costi per quanto riguarda il carburante, che non è comprensibile. In Italia quando vai a comprare la benzina paghi ancora l’accisa del 1963, cioè dell'anno in cui sono nata io. Trovo veramente sia ormai una presa in giro, bisogna invertire la rotta. Sicuramente tutto questo disagio, questo dramma, ci ha fatto capire che dobbiamo lavorare per raggiugere l'autonomia energetica, che non può però arrivare senza che ci sia un piano, senza che ci sia un grande lavoro, serio, fatto da professionisti, e utilizzando la tecnologia, utilizzando l'eccellenza della scienza, accanto alle scelte che la politica deve fare. La situazione è drammatica, ma credo che all'interno di questo scenario si debba trovare la modalità migliore per riuscire a superare le difficoltà grazie allo sviluppo”.
Alessandro Martegani