L’inno di Israele, seguito da quello italiano, ha concluso la cerimonia di commemorazione delle vittime del 7 ottobre 2023, organizzata dalla Comunità ebraica nella sinagoga di Trieste, circondata da decine di agenti di polizia, carabinieri ed esercito.
La prefettura aveva deciso di non consentire qualsiasi tipo di manifestazione pro-Palestina o contro Israele, e le indicazioni sono state rispettate. Un provvedimento preso alla luce della tensione crescente per la campagna militare israeliana a Gaza e in Libano, e di manifestazioni che spesso sconfinano nell’odio verso Israele se non addirittura nell’antisemitismo.
Una situazione ripresa in molti degli interventi della cerimonia, come ad esempio quello del rabbino capo Alexander Meloni, che ha ricordato come un anno fa sia successo “quello che pensavamo non potesse più succedere: l’uso del pogrom come arma di guerra”. “Si sta ripetendo – ha aggiunto – quello che si pensava appartenesse ormai a un’altra epoca, la stessa cosa che gli ebrei hanno subito durante la Shoà: in poco tempo gran parte del Mondo è passato dalla condanna dell’attacco alla critica ad Israele, trasformando le vittime in carnefici. Orma si lasciano dire cose inammissibili solo poco tempo fa, e l’antisemitismo – ha concluso – ormai non è più un rischio, è un fatto. Quando le comunità ebraiche cominciano a chiedersi se hanno un futuro in un paese, è un pessimo segnale”.
Sulla tendenza a imputare a Israele la responsabilità della crisi in medio oriente e delle violenze, si è concentrato anche il presidente della Comunità ebraica, Alessandro Salonichio, che ha definito l’attacco del 7 ottobre “una delle tragedie più sconvolgenti che abbiano mai colpito il popolo ebraico: persone che stavano festeggiando delle festività solenni sono state attaccate, massacrate, bruciate, con un sadismo che forse non hanno dimostrato nemmeno i nazisti nella Shoà”.
“L’obiettivo dei terroristi e delle nazioni che li sostengono – ha detto – è la distruzione dello stato d’Israele, che sta difendendo la propria esistenza, ma è Israele a essere stato messo sul banco degli imputati: sembra quasi che si attendesse solo una scintilla per scatenare l’odio antiebraico”. Salonichio ha citato la manifestazione di Roma, o gli attacchi a chi porta la kippah: “Situazioni inaccettabili in un paese come il nostro”.
E della manifestazione di Roma ha parlato anche il ministro dei rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani che, ribadendo il sostegno senza ambiguità di Roma a Israele, ha sottolineato come negli ultimi mesi si sia visto un aumento d’intolleranza e antisemitismo. Nessun divieto di manifestare, ha spiegato, ma “non saranno tollerate manifestazioni di antisemitismo e incitazioni all’odio”.
Anche l’assessora regionale Alessia Rosolen (che ha parlato a nome del governatore Massimiliano Fedriga, che non ha partecipato come previsto nel programma) ha ricordato come Israele sia “un simbolo di libertà e di progresso”, e la necessità di non confondere vittime e carnefici: “I nemici del popolo palestinese – ha detto – sono proprio coloro che dicono di difenderlo”.
Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale, intervenuto al posto del Presidente Mauro Bordin, ha poi segnalato un clima che “tollera troppo facilmente un antisemitismo nemmeno troppo velato” e “pericolose similitudini con il secolo scorso”.
Russo ha ricordato le responsabilità dell’Europa nel perseguire la pace: “La condanna senza se e senza ma per l’attacco a Israele – ha aggiunto – non toglie il dolore per vittime civili a Gaza, e chi ne ha il potere deve impegnarsi per raggiugere la pace”.
Nel corso della cerimonia è intervenuto anche il sindaco Roberto Dipiazza, che ha sottolineato come la città abbia da sempre lavorato per la pacificazione: “Non avrei mai pensato di vedere quello che è successo, sono allibito e vicino alla comunità ebraica”.
Alessandro Martegani