L’adozione dello stato di allerta in regione è l’ultimo atto di una serie di allarmi lanciati dalla giunta regionale e da alcune amministrazioni locali sull’aumento del flusso di migranti dalla Slovenia.
Due giorni fa il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, aveva dichiarato di non essere più “disposto ad accogliere altri migranti irregolari”, “diventati – ha aggiunto, sottolineando la pressione sulle strutture sanitarie e di accoglienza della regione - ingestibili e insopportabili". Ad alimentare la tensione anche il caso dell’ex caserma Cavarzerani di Udine, diventata “zona rossa” dopo la scoperta di tre casi positivi al Coronavirus tra i 500 migranti ospitati all'interno.
Tutto questo, unito ai dati che rivelano un flusso costante di migranti, hanno spinto la giunta regionale a dichiarare lo stato di preallerta sul territorio del Friuli Venezia Giulia, per “fronteggiare – dice una nota della regione - l'eccezionale afflusso di migranti nel territorio regionale durante lo stato di emergenza da Covid-19. Si tratta, ha aggiunto l’amministrazione regionale - di una decisione “indifferibile in considerazione del fatto che da oltre una settimana il Friuli Venezia Giulia è interessato da un intenso flusso di migranti provenienti da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh e Sri-Lanka e altri Paesi extra-Schengen”.
Grazie al provvedimento la regione potrà mettere in campo mezzi finanziari per allestire le strutture necessarie all’accoglienza e il contenimento di eventuali contagi, utilizzando anche la protezione civile.
Il controllo dello frontiere spetta invece al ministero degli interni, che avrebbe confermato in queste ore il mantenimento di un alto livello di sorveglianza lungo i confini, anche se non mancano le reazioni da parte dei sindacati di polizia, come il Sap, che ha ricordato di aver chiesto da tempo “sia a livello locale sia a livello nazionale che i migranti, prima di passare alle procedure di identificazione, venissero sottoposti ad accurati controlli sanitari, e fosse prevista la quarantena per le persone che provengono da quei Paesi inseriti nella black list del ministero della Salute”.
Alessandro Martegani