Non si limitavano a fare propaganda jihadista, ma avevano ampliato il raggio d’azione verso nuovi soggetti, e ricercavano contatti al di fuori del territorio italiano per raggiungere territori controllati dalle milizie jihadiste.
Emergono particolari sul gruppo fondamentalista scoperto e fermato dai Carabinieri in Italia: la procura di Bologna ha emesso cinque ordini di custodia cautelare nei confronti di presunti appartenenti a un’organizzazione terroristica d’ispirazione salafita – jihadista, denominata “Da’wa Italia”. Con questa sigla i giovani, di origine straniera, residenti a Bologna, Milano, Perugia e Monfalcone, facevano propaganda su internet di contenuti jihadisti a favore di Al Qaeda e dello Stato Islamico, reclutavano nuovi adepti, ed erano pronti a raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste in Africa e Siria.
Un appartenente al gruppo, di origine turca, da molti anni residente tra le province di Gorizia e Udine, con un lavoro a pochi passi dal comune di Monfalcone, aveva già lasciato il territorio nazionale per raggiungere il Corno d’Africa. Un altro componete, fratello della principale indagata del gruppo, una giovane pakistana cresciuta e residente a Bologna, era in fase di radicalizzazione e a suo carico c’è l’ipotesi dell’addestramento finalizzato a un possibile arruolamento nell’ambito di organizzazioni terroristiche.
In ogni caso tutti erano ben inseriti nel tessuto economico e sociale delle rispettive città e la notizia dell’indagine non mancato di provocare reazioni politiche. “L'operazione, che coinvolge anche un immigrato musulmano a Monfalcone – ha scritto l'ex sindaca di Monfalcone ed europarlamentare della Lega Anna Maria Cisint, da anni critica verso la comunità islamica nella città -, mette in luce elementi di grave allarme sui rischi rappresentati dalla massiccia presenza di islamici e dal loro preoccupante atteggiamento da tempo manifestato nella nostra città”.
“L'arrivo indiscriminato di manodopera straniera anche se regolare, che ha reso Monfalcone una delle realtà italiane con la maggior percentuale di islamici sulla popolazione – ha aggiunto -, diventa un fattore non solo di instabilità sociale, ma anche di minaccia alla sicurezza e all'incolumità. È legittimo chiedersi quanto possa aver inciso anche il clima di contrapposizione alimentato dai centri islamici locali che esattamente un anno fa, il 23 dicembre, avevano organizzato una manifestazione facendo confluire migliaia di immigrati da tutta Italia, cui erano seguite le minacce di morte che mi hanno costretto alla scorta personale”.
“Il controllo preventivo dei soggetti radicalizzati o esposti a reclutamento è sempre più un aspetto fondamentale della sicurezza interna – ha commentato la deputata e responsabile Giustizia del Pd Debora Serracchiani -. Il ruolo di internet e dei social network, le caratteristiche di leader e proseliti del fondamentalismo già inseriti nel tessuto socioeconomico italiano richiedono strategie diversificate e di ampio raggio, evitando di amplificare allarme e reputazione dei terroristi”.
Alessandro Martegani