Foto: Comune di Trieste
Foto: Comune di Trieste

Avrebbe dovuto essere una commissione secretata, da svolgersi a porte chiuse e con il divieto assoluto per consiglieri e assessori di rivelare i contenuti del piano per il Porto Vecchio, in attesa della gara che dovrebbe assegnare i lavori per un valore di almeno 600 milioni di euro, ma alla fine, dopo una breve consultazione con gli uffici, la stampa è stata ammessa al confronto fra opposizione e Giunta comunale sul piano di riqualificazione dell’antico scalo presentato dalla Costim, colosso dell’edilizia con sede a Bergamo.
La segretezza derivava dalla necessità di non rivelare a possibili società concorrenti particolari tecnici del piano, ma la discussione è rimasta su temi generali di una partita destinata a cambiare il volto e probabilmente anche il destino della città nei prossimi 10 anni.

Il parternariato pubblico-privato nel Porto vecchio è l’unico strumento che lascia il coltello dalla parte del manico al pubblico".

Everest Bertoli

Sul metodo seguito dalla Giunta nel trasmettere la documentazione ai consiglieri, oltre che sul merito del piano, l’opposizione aveva già mosso delle critiche, rinviate al mittente dall’assessore al Bilancio Everest Bertoli, che ha ricordato la complessità della documentazione sul progetto, ma anche che le relazioni fatte dai tecnici del Comune erano state inviate a tutti consiglieri già da tempo. “Nulla è stato nascosto - ha detto –: non confondiamo l’obbligo di riservatezza con la volontà di nascondere qualcosa”.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Gran parte delle domande dell’opposizione puntavano sullo strumento scelto per assegnare e sviluppare i lavori, il Project Financing (che prevede l’uso di capitali privati per realizzare progetti di pubblico interesse), e sulla scelta di dare vita a un partenariato pubblico-privato, che prevede alienazioni d’immobili, ma anche concessioni di vaste aree che rimarrebbero del Comune e dell’Autorità portuale. Era l’unico modo, ha detto più volte Bertoli, di realizzare il progetto senza usare un euro del comune, di gestire i beni che si possono vendere accanto a quelli che rimangono su aree demaniali, “mantenendo però il controllo dell’area, grazie anche a un piano molto rigido, dal punto di vista dei tempi e delle regole”. “Questo – ha detto - è l’unico strumento che lascia il coltello dalla parte del manico al pubblico”.

"Al momento le norme urbanistiche sull’area prevedono il 70 per cento di strutture residenziali, cifre che contrastano con il limite del 10 per cento annunciato dal sindaco Roberto Dipiazza".

Riccardo Laterza

Le condizioni, perlomeno quelle note, non hanno però convinto i consiglieri di opposizione, che hanno contestato sia le scelte, sia gli strumenti individuati. Sullo sfondo rimangono i timori che l’area del Porto vecchio, di alto valore storico ed economico vista la vastità, possa sfuggire al controllo del Comune e diventare teatro di una speculazione edilizia, fra l’altro per strutture ad altissimo costo.
Riccardo Laterza di Adesso Trieste ha ricordato che al momento le norme urbanistiche sull’area prevedono il 70 per cento di strutture residenziali, cifre che contrasterebbero con il limite del 10 per cento annunciato dal sindaco Roberto Dipiazza. “Il piano regolatore precedente prevedeva il 100 per cento di edilizia residenziale - ha replicato Bertoli - ma noi l’abbiamo limitata: è vero che si prevede fino al 70 per cento di edifici destinati a uso residenziale rispetto al volume totale, ma se si considera tutta l’area e i magazzini già ristrutturati, la percentuale scende al 10 per cento”.
Dubbi però rimangono, anche sul tipo di attività previste, che escludono installazioni industriali, prefigurando un Porto Vecchio occupato da uffici, strutture ricettive e residenziali, oltre che aree pubbliche (senza dunque attirare nuovi abitanti), e sul coordinamento con le altre opere in corso nei prossimi anni. Sulla stessa area insisteranno infatti cinque cantieri: quello principale, quello della Cittadella dello sport, quello della Cabinovia, quello della Regione e i viali monumentali.

Le parole del Sindaco, che ha paragonato Trieste a una potenziale “Montecarlo 2”, sono preoccupanti e mostrano una chiara disattenzione verso le esigenze delle classi meno abbienti".

Alessandra Richetti

Alessandra Richetti dei 5 Stelle ha espresso “preoccupazione per il rischio che la concessione per 50 anni e la piena proprietà di 19 edifici espongano l’area a fenomeni di speculazione edilizia: il Comune – ha aggiunto - ha il dovere di garantire che i benefici di questo progetto siano estesi all’intera cittadinanza, e non solo alle classi benestanti. Le parole del Sindaco, che ha paragonato Trieste a una potenziale “Montecarlo 2”, sono preoccupanti”.
Dubbi anche sul piano finanziario: Francesco Russo del Pd ha chiesto certezze sulle valutazioni degli immobili, che, ha detto, potrebbero esser stati sottostimati, mentre Paolo Altin, di Punto Franco, ha ricordato le notizie secondo cui Costim, impegnata anche in altri grandi progetti in Liguria e a Linate, non avrebbe ancora depositato i bilanci del 2023, anche se, hanno risposto i tecnici del Comune, le valutazioni sullo stato patrimoniale dei concorrenti si faranno in fase di gara, e comunque ci sono i meccanismi per garantire la prosecuzione dei lavori anche in caso di problemi finanziari.
L’assessore ha comunque assicurato che “le norme sono molto severe e assicureranno la massima solidità possibile per le società che vinceranno la gara”, mentre sulla posizione della Soprintendenza (ente che aveva già bloccato in passato il progetto delle stazioni della Cabinovia firmate dall’architetto Fuksas), ha confermato che “non si è ancora espressa ma parteciperà alla valutazione del progetto nel corso della conferenza dei servizi”.
Sempre nell’aula del Consiglio comunale poche ore prima si era parlato anche di salario minimo per i lavoratori delle ditte che lavorano per il Comune, con una mozione di Luca Salvati del Pd, che chiedeva di fissare un salario minimo, e della mozione, firmata da consiglieri di tutte le forze di opposizione, che chiede al Consiglio di esprimere solidarietà ad Andrea Joly, giornalista della Stampa, aggredito nel luglio scorso da un gruppo di estremisti di Casa Pound a Torino, mentre stava documentando una festa organizzata per i 16 anni dell'associazione.
Sul testo, hanno sottolineato i consiglieri di opposizione, non è stata concessa l’urgenza, nonostante, ha detto la prima firmataria Alessandra Richetti, in passato si sia votato anche su temi di respiro internazionale e “si tratti di un atto che va ben oltre il singolo evento, poiché tocca un tema centrale per la nostra democrazia”. “L'aggressione non ha solo colpito un giornalista nel suo ruolo di documentare ciò che avviene, ma rappresenta un attacco alla libertà di ogni cittadino di documentare, informarsi e di esprimere la propria opinione”, e, ha aggiunto, “lo ha confermato anche il presidente della repubblica Mattarella, che lo ha definito un atto eversivo”.
Nonostante questo, ha spiegato, “la maggioranza di questo Consiglio ha deciso di non riconoscere l'urgenza di trattare questa mozione, lasciando che una condanna immediata e necessaria di tali azioni venga ritardata per mesi, forse addirittura per anni”, “una scelta chiara e gravissima”, che “invia un messaggio preoccupante: quello che le aggressioni alla libertà d'informazione possono essere tollerate o passare inosservate”.
Il presidente della Commissione, Mirko Martini, di Noi moderati, ha sottolineato, al termine dell’intervento, di essere impegnato nella difesa della libertà di stampa e della democrazia, e solidale con il giornalista, mentre Lorenzo Giorgi, di Forza Italia, pur condannando l’episodio, ha espresso dubbi sul fatto che sia compito del Consiglio Comunale occuparsi di questi episodi, “senza dubbio condannabili, gravi e vigliacchi”, ma che non hanno nulla a che fare, ha detto, con i compiti dell’amministrazione cittadina. La mozione è stata trasmessa all’aula, ma senza alcuna certezza, per ora , sui tempi di discussione.

Alessandro Martegani