A Trieste nei negozi, nei bar e negli uffici ormai tutti usano la mascherina, come previsto dalle norme di prevenzione al Coronavirus. Girando per la città, alle fermate degli autobus vicine alle scuole si vedono invece molti studenti senza mascherina che rispettano poco anche le distanze di sicurezza. In linea di massima però la percezione che si ha girando per il capoluogo giuliano è quella di una cittadinanza attenta alle misure atte a contrastare il Covid-19.
Quando qualcuno non rispetta le regole arriva subito il giusto richiamo del titolare che ovviamente rischia per primo di ammalarsi o di essere sanzionato. Una situazione comunque molto difficile per i gestori dei locali a causa del calo della clientela. Ne abbiamo parlato con la titolare di un bar.
Ha notato una grande diminuzione della clientela?
"Purtroppo sì. La maggior parte è causata, soprattutto, da questo telelavoro che ovviamente ha influito molto sulla affluenza e dunque ho avuto un calo inizialmente addirittura di circa il 60%. Adesso un po' si sta ridimensionando, però siamo poco oltre al 50% di rientro. Per questo motivo per un periodo ho dovuto anche mettere la mia dipendente in cassa integrazione, mentre al momento gli ho fatto solo una riduzione dell'orario, sperando nella fine di questa emergenza".
Ovviamente ci auguriamo tutti che l'emergenza finisca e non ci siano ulteriori problemi. Ma un bar gestito a “conduzione familiare”, come il vostro, nell'eventualità di un nuovo lockdown, cosa potrebbe fare?
"Credo sicuramente, anzi senza neanche credo, la chiusura definitiva quasi per tutte queste piccole realtà, ma anche per le medie realtà, perché poi in proporzione ai costi, sarebbe impossibile nuovamente rifare quello che abbiamo già sostenuto. Praticamente impossibile. Penso anche da parte dello stato che non so se sarebbe in grado di gestire ulteriori integrazioni oppure bonus".
Come valuta il lavoro delle istituzioni durante l'emergenza, gli aiuti che sono stati forniti?
"Non giudico, nel senso che l'emergenza è stata una cosa effettivamente inaspettata, inattesa, ingestibile e difficilmente comprensibile. Però il metodo, secondo me, è stato errato perché dare delle cifre, indifferente che fosse poco o tanto, è stato sbagliato. Dovevano piuttosto abbonare, fare una tassazione agevolata oppure per esempio eliminare e non far pagare gli F24 piuttosto che dare dei contributi. Ci sono inoltre vari tipi di imprese. Le piccole gestioni al limite hanno usufruito di queste agevolazioni, di questi contributi, ma gestioni più grosse hanno ricevuto le stesse cifre. La proporzione non va bene, non è stata gestita molto bene".
Questione mascherina: i suoi clienti la usano?
"All'inizio molti entravano tranquillamente senza mascherina, dicendo “beh ma comunque devo bere, perché dovrei indossare la mascherina?”. Ma io gliela faccio tenere su fino a che non consumano e dopo il consumo se magari rimangono un po' per chiacchierare assolutamente devono indossarla ed io gliela faccio rimettere, perché funziona così. In fin dei conti noi siamo chiuse qua 8-10 ore, quindi dobbiamo tutelarci e tra l'altro la usiamo sempre e nella maniera corretta, cosa che in molti posti purtroppo non ho visto. Alcuni baristi, titolari e negozianti non lo fanno, ma dovremmo essere noi per primi, in qualche modo a dare il buon esempio. Non puoi riprendere i clienti se poi tu hai la mascherina sotto il naso, per esempio. Insomma bisognerebbe che tutti fossero un attimino più attenti e più responsabili".
Queste regole, il distanziamento, sociale la mascherina, complicano molto il suo lavoro?
"Beh sì. Diciamo che adesso, per assurdo, ci siamo abituate e di conseguenza è molto più semplice sistemare ad esempio un piattino al banco; una volta al banco trovavi la salvietta, lo zucchero ed il latte, adesso non puoi mettere in esposizione più niente e quindi devi chiedere al cliente cosa desidera, tutta una serie di cose. Poi abbiamo messo il plexiglass alla cassa per pagare, l'igienizzante ovunque. Insomma è un po' più laborioso e dispendioso, con dei costi che parzialmente adesso sono andati in credito, con una una percentuale che si può detrarre; ad esempio l'acquisto delle mascherine non è ivato e dunque non sarebbe comunque stato possibile scaricarlo".
A preoccupare i genitori è stato anche il ritorno a scuola. Sembra però che in questi primi giorni il tutto stia funzionando. Ecco cosa ne pensa una mamma triestina di due bimbi, uno che frequenta la scuola dell'infanzia, l'altro alla scuola elementare.
Lei come madre che difficoltà ha trovato, principalmente, a scuola per i suoi figli?
"Io ho due figli in due contesti diversi, uno alle elementari ed uno alla scuola d'infanzia. Devo dire che per quanto riguarda le elementari, essendo anche più grandini, i bambini sono molto ricettivi e hanno capito bene, almeno nel mio caso, le norme da seguire. Sono bravi, le maestre sono meticolose e tutto sta scorrendo, diciamo, come deve andare, anche perché al momento non ci sono stati dei casi nella nostra scuola. Le norme sono abbastanza severe, soprattutto per il fatto che i sintomi respiratori che si sa, tutti hanno in autunno ed inverno, precludono l'accesso a scuola. Quindi precludendo l'accesso a scuola al bambino che ha il raffreddore e sta a casa due o più giorni, scatta il certificato medico ed il tampone, perché quasi nessun pediatra ti fa il certificato senza aver fatto il tampone, quindi la mia preoccupazione è che i bambini debbano fare una quantità industriale di tamponi da qua all'inverno. Questo per quanto riguarda le elementari. Per quanto riguarda l'infanzia, ogni istituto va da sé; devo dire che nel mio istituto sono stati abbastanza non “morbidi”, ma consentono di attuare le norme in maniera diciamo “più pacifica”, perché non ci sono scaglionamenti, perché è un istituto dell'altopiano, che può garantire grandi spazi, quindi per fortuna si agisce su quello, sugli spazi. Però non si può accedere ai locali delle lezioni, il bambino va preso sempre in giardino, ma ci si abitua. Per noi genitori è preoccupante anche qui il caso dei raffreddori nei bambini, che alla materna sono sempre e comunque all'ordine del giorno. Se c'è uno starnuto magari ecco si va, però anche in questo caso con il raffreddore il bambino sta a casa, i genitori anche loro a casa e non so in quale forma, se retribuita o no. Inoltre con il rientro dopo più di due giorni scatta il tampone. Quindi alla fine le norme si rispettano, le entrate si rispettano, tutto si riesce a fare secondo il mio punto di vista. La preoccupazione maggiore è solo per i bambini e questi benedetti tamponi che vanno fatti, ed in inverno ad oltranza credo, solo questo perché credo siamo bravi nel rispetto delle norme, che credo siano adeguate".
Lei come mamma se potesse, in qualche modo, dare un consiglio alle istituzioni scolastiche, cosa direbbe?
"Io da mamma alleggerirei un po' le “norme nelle norme”, come ad esempio vietare l'usanza di scambiare le cose, perché secondo me questo è nella natura dei bambini. Scambiare pennarelli... su quello forse sarei meno rigida. Io non sono un medico, ma non credo che il Covid sia così aggressivo in una matita. Cercherei di far vivere, almeno in classe, più normalità possibile. Scapperà comunque, secondo me, uno scambio di matite, di colla. Ecco, su quello forse cercherei di essere un po' più morbida, per non farlo pesare al bambino. Inoltre cercherei di trovare il prima possibile una soluzione che non sia il tampone per questi bambini, magari uno stick".
Un'ultima curiosità: a suo parere gli insegnanti sono molto responsabilizzati in questa situazione o cercano in qualche modo di coinvolgere le famiglie in questa responsabilità di mantenere i bambini in sicurezza?
"Io posso parlare per il mio caso e nel mio caso i genitori sono molto responsabilizzati. C'è una gran collaborazione da parte dell'Istituto e delle famiglie e speriamo vada avanti così".
Davide Fifaco
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