Fare luce sulle tragiche vicende del confine orientale perché non si ripetano più, e contribuire a costruire quello che è l’antidoto a nuovi totalitarismi e conflitti, l’Europa Unita.
L’auspicio di Sergio Mattarella ha chiuso la cerimonia organizzata al Quirinale in occasione del Giorno del Ricordo, che culminerà domani con la cerimonia alla Foiba di Basovizza.
Nel Salone dei Corazzieri inframezzati da letture di testimonianze di esuli e dall’esibizione dell’Orchestra d’Archi del Conservatorio di Musica Giuseppe Tartini di Trieste, era intervenuto fra gli altri anche il Ministro degli esteri Antonio Tajani, che ha ricordato come “il governo Berlusconi nel 2004 decise d’istituire il Giorno del Ricordo il 10 febbraio, come doveroso omaggio alle vittime e come monito perché simili drammi non si ripetano".
Ricordare, ha aggiunto, “non significa in alcun modo riaprire antichi conflitti: i responsabili di quelle stragi sono persone fisiche da tempo scomparse, inquadrate nell'ambito di una forza armata, espressione di uno Stato oggi dissolto, l'Esercito Popolare di liberazione Jugoslavo, guidato dal Maresciallo Tito, ed erano ispirate da un'ideologia sconfitta dalla storia. Gli Stati che hanno preso il posto dell'ex-Jugoslavia non hanno alcuna responsabilità delle violenze di allora”. Questa tragedia, ha concluso ricordando anche l’omaggio ai luoghi della Memoria dei due presidenti, e il fatto che le due Gorizie non sono più divise da un confine e saranno Capitale della Cultura nel 2025, non sarà un sacrificio inutile se costituirà “un monito alle passate e future generazioni”.
Mattarella, che ha ringraziato per la presenza gli ambasciatiri di Slovenia e Croazia, ha ripercorso le vicende del confine orientale: "In quelle martoriate ma vivacissime terre di confine, che da secoli ospitavano popoli, lingue, culture, alternando fecondi periodi di convivenza a momenti di contrasto e di scontri - ha detto -, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati, a pochi chilometri di distanza, in una lugubre geografia dell'orrore, due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana”.
“Quel territorio, - ha aggiunto - intriso di storie e di civiltà, condivise lo stesso tragico destino di molti Paesi dell'Europa centro-orientale, che, dopo la sconfitta del nazifascismo, si videro negate le aspirazioni alla libertà, alla democrazia e all'autodeterminazione, dall'instaurazione della dittatura comunista, imposta dall'Unione Sovietica. Milioni di persone, in quei Paesi si videro allora espulse dalla terra che avevano abitato, costrette a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova patria”.
Il Capo dello Stato ha ripercorso quel pezzo di storia, citando “la ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone”, che ha detto “non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti, il cui dominio era stato intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse. Le sparizioni nelle foibe o dopo l'internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura fascista e persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà”.
"Il nostro Paese - ha però ricordato il Capo dello Stato - per responsabilità del fascismo, aveva contribuito a scatenare una guerra mondiale devastante e fratricida; e fu grazie anche al contributo dei civili e dei militari alla lotta di Liberazione e all’autorevolezza della nuova dirigenza democratica, che all’Italia fu risparmiata la sorte dell’alleato tedesco, il cui territorio e la cui popolazione vennero drammaticamente divisi in due. Questo, tuttavia, non evitò che le istanze legittime di tutela della popolazione italiana residente nelle zone del confine orientale fossero osteggiate, frustrate e negate".
Su quelle vicende, ha aggiunto, è calato per lunghi anni, "un muro di silenzio e di oblio, imbarazzo e superficialità”: “le Foibe e l'esodo hanno rappresentato un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare la gravosa eredità di un Paese uscito sconfitto dalla guerra. Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata: non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione".
Mattarella ha poi ricordato come proprio negli ultimi anni, malgrado le tragiche esperienze del passato, “assistiamo con angoscia, non lontano da noi, al risorgere di conflitti sanguinosi, in nome dell’odio, del nazionalismo esasperato, del razzismo”. Sembrano volersi riproporre “la pagine buie delal storia, contro cui bisogna combattere uniti.
“Disponiamo di un forte antidoto - ha detto - e dobbiamo consolidarlo e svilupparlo sempre di più: la costruzione dell’Unione Europea, pur con i suoi ritardi e le sue carenze, ha rappresentato, il ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento e la concreta e valida direzione di marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza".
"In questo quadro nelle splendide terre di cui parliamo, oggi, grazie alla comune appartenenza all’Unione Europea, non esistono più barriere o frontiere, ma strade e ponti”. Un esempio di questa nuova fase è la Capitale europea della Cultura 2025, assegnata a Nova Gorica e Gorizia, grazie a una candidatura comune, frutto di "una generosa intuizione della Slovenia".
Mattarella, ha parlato di fronte alla premier Giorgia Meloni, ai ministri degli Esteri Antonio Tajani, della Difesa Guido Crosetto, degli Interni Matteo Piantedosi, della Cultura Gennaro Sangiuliano e dello sport Andrea Abodi,e al presidente del Senato Ignazio La Russa.
Presente a Roma anche una rappresentanza della comunità italiana di Slovenia e Croazia, di cui facevano parte fra gli altri il deputato al seggio specifico alla Camera di Stato Felice Žiža, Furio Radin, deputato per la comunità italiana al Sabor, e il presidente dell'Unione italiana Maurizio Tremul, e della minornaza slovena in Italia con i presidenti di SKGZ e SSO, Ksenija Dobrila e Walter Bandelj.
L'evento al Quirinale è stato seguito, alle 13:00, da una cerimonia di consegna delle onorificenze ai congiunti delle vittime delle Foibe a Palazzo Chigi.
Sul discorso di Mattarella è intervenuto governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, esprimando "il più sentito ringraziamento al Capo dello Stato per le parole pronunciate sulla vicenda delle Foibe e dell'Esodo: suggellano in maniera sapiente e definitiva - ha detto - il giudizio retrospettivo su quanto accadde nel Secondo dopoguerra sul confine orientale. Nelle parole del Presidente Mattarella si può ritrovare tutta la comunità nazionale".
Alessandro Martegani