Sono passati quattro secoli dall’epoca dei Promessi sposi, in cui il dottor Azzecca-Garbugli dava un’immagine del caos burocratico e delle leggi sovrabbondanti e spesso contraddittorie che regolavano la vita dell’epoca, ma stando all’ultimo rapporto della Confederazione Generale Italiana degli Artigiani, la situazione non è cambiata poi di molto.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, in Italia ci sarebbero circa 160 mila norme, 71 mila nazionali e 89 mila promulgate dalle Regioni e dagli Enti locali: numeri alti, ma che diventano significativi soprattutto se paragonati ad altri paesi, come la Francia, dove sono in vigore 15.500 provvedimenti, un decimo rispetto a quelli emanati in Italia, e ancor meno sono quelli presenti in Germania e Gran Bretagna.
Secondo la Cgia l’eccessiva proliferazione del numero delle leggi dipenderebbe sia dalla mancata soppressione di leggi concorrenti, sia dal continuo ricorso ai decreti legge che richiedono poi l’approvazione di ulteriori decreti attuativi.
Un corpo normativo difficilmente gestibile, incomprensibile per chi non ha un ufficio legale alle spalle, come le imprese più piccole, che allunga e complica il lavoro della pubblica amministrazione e che crea anche un costo in più per il paese e le imprese italiane: secondo alcune stime le imprese italiane nel 2020 avrebbero speso 103 miliardi di euro in più.
Uno degli effetti di un insieme di norme sovrabbondanti, spesso contraddittorie e di difficile interpretazione, è anche l’aumento del potere discrezionale di dirigenti della pubblica amministrazione, con il rischio dell’aumento della corruzione.
Alessandro Martegani
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