Corruzione, nepotismo e mancanza di opportunità sono le principali ragioni per cui i giovani dei Balcani occidentali lasciano il proprio paese. E' quanto emerso dal panel presieduto dalla presidente Pirc Musar, che ha aperto la seconda giornata del Forum strategico di Bled. Con testimonianze di giovani espatriati originari da Montenegro, Macedonia del Nord e Bosnia, il comune denominatore degli interventi è stato il desiderio di un futuro migliore, scevro dalla costante politicizzazione dell'identità nazionale, che può solo creare una retorica politica divisiva. Dello stesso parere anche la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatović, che ha affermato di aver lasciato la Bosnia-Erzegovina per ragioni simili. Qualche segnale di speranza è arrivato dalla presidente della Moldavia, Maia Sandu, che ha condiviso le preoccupazioni dei giovani, ma allo stesso tempo li ha invitati a partecipare in modo attivo alla vita pubblica per migliorarla, invece di limitarsi a rifiutare la cattiva politica, proprio come ha fatto lei quando è tornata in patria dall'estero, prima come ministro dell'Istruzione per poi contribuire a creare un partito politico e avviare un processo di cambiamento.
In Moldavia, secondo Sandu, c'è molto lavoro da fare, ma almeno è iniziato.
Per l'esecutivo sloveno il Forum è anche un'occasione contribuire alla realizzazione della propria agenda politica. Il tema allargamento dell'Unione europea, che ha dominato la giornata di ieri, sarà comunque al centro di diversi panel anche oggi, con una serie di panel che guardano alla politica di vicinato verso i paesi che rappresentano ora il confine orientale, dalla Bielorussia alla Georgia, mentre il conflitto ucraino sarà affrontato in termini di sicurezza, dalla guerra tradizionale a quella ibrida. Allo stesso tempo la ministra degli Esteri, Tanja Fajon, sarà ancora impegnata a tessere la tela per la prossima partecipazione della Slovenia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo il panel di ieri che ha visto la partecipazione fra gli altri dei colleghi da Canada, Sudcorea e Regno Unito, oggi è la volta dei ministri degli Esteri da Arabia Saudita, Polonia, Armenia e Turchia, con il delicato tema dei diritti a fare da sfondo al tema sicurezza.
Valerio Fabbri
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