Il governo ha presentato ieri ai sindacati di categoria una proposta per eliminare le disparità salariali nel settore pubblico, un pacchetto di misure che dovrebbe trovare il dispiegamento totale entro il 2026 per un controvalore di circa 847 milioni di euro, nel cui computo però non rientrano gli stipendi di funzionari e dirigenti, con i quali si arriverebbe a sfiorare quota un miliardo di euro. Nonostante le preoccupazioni dei sindacati, la ministra Ajanović Hovnik ritiene che la conclusione dei negoziati entro il 15 ottobre sia una possibilità realistica. Fino ad allora bisognerà tracciare un cronoprogramma chiaro e senza ombre per arrivare all'eliminazione delle disparità nel giro di tre anni, con la consapevolezza quindi che la distribuzione delle risorse non potrà essere immediata.
Ajanović Hovnik ha inoltre sottolineato che gli stipendi di tutti i dipendenti pubblici aumenteranno, ma a beneficiare più di tutti del passaggio al nuovo sistema salariale saranno i lavoratori che attualmente sono i meno pagati. In termini pratici, questo significa che assisteremo a un aumento del 25% per le categorie inferiori alla 25.
Se dal lato del governo c'è fiducia per la riuscita della trattativa, i sindacati sono stati molto cauti perché, hanno spiegato, devono ancora studiare la proposta. Il leader del gruppo negoziale dei lavoratori, Jakob Počivavšek, ha mostrato scetticismo perché secondo lui, in base a questa impostazione, alla fine della riforma la prima classe salariale sarà significativamente al di sotto del salario minimo. Il tutto, al netto delle preoccupazioni per l'inflazione e il costo della vita.
Dopo un intenso lunedì di trattative le parti hanno quindi fatto sapere che il dialogo prosegue, con l'invio della proposta scritta dal governo ai sindacati prevista martedì.
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