Sta facendo discutere ora, la decisione della Corte costituzionale di costituire una commissione etica atta a vigilare la regolarità della campagna elettorale. Un organismo che in pratica- si dice - avrebbe il compito di monitorare fondamentalmente in comportamento del Capo dello stato dopo il verdetto d’incompatibilità della sua candidatura con il ruolo presidenziale. Un ruolo che i giudici definiscono super partes e che deve essere neutrale. Milanović, dunque, non potrebbe in alcun modo partecipare alla campagna elettorale e prendere decisioni favorevoli per l’una o l’altra formazione politica, ma se è vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare è altresì vero che è sottilissima la linea che divide gli interventi protocollari dall’impegno politico. Il fatto che la decisione dell’alta corte non si riferisca alle elezioni europee contribuisce a rendere ancora più caotica la già confusa situazione. Infatti, sono in tanti a prevedere una possibile candidatura di Milanović - sempre sulle liste SDP- per il parlamento UE. Sarebbe naturalmente una partecipazione fittizia e simbolica, che gli darebbe comunque la possibilità, una volta aperta - l’8 aprile - la campagna per le europee, di adoperarsi pure per quelle nazionali che lui stesso ha indetto per il 17 aprile prossimo. Dunque, una situazione politica complessa quella croata dove alle mosse delle figure istituzionali si aggiungono quelle dei partiti. In questo contesto va segnalata la sfaldatura della coalizione di centro sinistra raccolta dal Partito socialdemocratico e dalla quale si dichiarano fuori Dieta democratica istriana, Alleanza litoraeno montana e Fokus. Dice no, alla possibile partecipazione comune in alcune circoscrizioni, pure il Možemo/Possiamo.
(lpa)