Decine di migliaia di persone hanno partecipato alla “colonna del ricordo” che si è snodata lungo le vie cittadine che 33 anni fa furono teatro degli scontri. Dopo un assedio durato 87 giorni la città si arrese all’esercito jugoslavo per venir reintegrata definitivamente alla Croazia nel gennaio 1998. Città barocca, mitteleuropea, multietnica, famosa per la sua industria e il benessere della popolazione, Vukovar - ricordiamo- fu completamente distrutta dal punto di vista architettonico, umano e dei valori. Nonostante la pluriennale e paziente ricostruzione costata quasi 250 milioni di euro, il rinnovo delle infrastrutture che la rendono oggi una città moderna, Vukovar - con una popolazione dimezzata rispetto al '91 e che conta 23 mila cittadini rispetto ai 47 mila di allora - stenta a riprendere vitalità e a rimarginare le ferite del conflitto.
La riconciliazione tra maggioranza croata e minoranza serba è ostacolata da formazioni politiche di destra ed estrema destra che sono da anni alla guida della località. Come, ad esempio, il sindaco Ivan Penava primo cittadino dal 2014, noto per le sue posizioni antiminoritarie e antiserbe. La “città martire” o “città eroe” (come viene definita Vukovar) come si diceva, oggi è meta di pellegrinaggi e cerimonie che vedono la partecipazione dei vertici dello stato ad eccezione del presidente Zoran Milanović che ha invece deciso di essere a Škabrnja, nell’entroterra zaratino, dove è in programma la commemorazione in memoria delle vittime del massacro compiuto dalle unità militari e paramilitari jugoslave guidate dal generale Mladić avvenuto sempre il 18 di novembre del 1991 e nel quale morirono 43 civili e 15 difensori croati.
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