Autostrade per l’Italia si avvia a diventare una public company, con un’uscita graduale di Atlantia, holding che fa capo alla famiglia Benetton.
È questa la strada concordata fra il governo e la società che attualmente controlla Autostrade per l’Italia, giunta dopo settimane di roventi scontri, e un’intera notte di trattative nel corso del Consiglio dei ministri.
Sono state ore in cui si è sfiorata pià volte al rottura sia fra il governo e Atlantia, sia all’interno della maggioranza, con il premier Giuseppe Conte chiamato a mediare fra coloro che, come i 5 Stelle, chiedevano la revoca della concessione, e chi invece, come Italia Viva, puntava a evitare scontri e a scegliere la strada che costasse di meno al paese.
Atlantia infatti era pronta a resistere sia alla revoca, sia all’estromissione dalla ricostruzione del Ponte Morandi, sia al decreto milleproroghe che aveva modificato unilateralmente la penale per la revoca, passando da 23 a 7 miliardi.
Un problema che al momento sembra superato, visto che l’accordo raggiunto con il via libera di Atlantia alle prime ore del mattino prevede un’uscita graduale dei Benetton da Autostrade per l’Italia, nel giro di sei mesi o un anno, in due fasi: nella prima entrerebbe la Cassa depositi e prestiti con il 51 per cento del capitale, lo scorporo fra Autostrade e Atlantia e la riduzione della presenza della famiglia Benetton tra il 10 e il 12; nella seconda ci sarebbe la quotazione in borsa, per arrivare a un azionariato diffuso fino al 50 per cento, abbassando ulteriormente il peso dei Benetton. “In alternativa – ha fatto sapere il governo - Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in Aspi, pari all'88 per cento, a Cassa depositi e prestiti e a investitori istituzionali di suo gradimento".
A fronte dell’accettazione di questo processo, i Benetton dovrebbero rinunciare a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, e contro le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti e l’articolo 35 del decreto Milleproroghe.
Si tratta però di condizioni non più trattabili, almeno al momento, e se Atlantia non rispettasse tempi e contenuti si potrebbe comunque arrivare alla revoca, che però riporterebbe anche il problema delle penali e dei ricorsi. La società intanto dovrebbe essere commissariata.
L’accordo fra l’altro non ha spazzato via i contrasti nella maggioranza, con i 5 stelle che si dimostrano dubbiosi sulla volontà di Atlantia di rispettare le scadenze e ritengono ancora non sufficienti le garanzie, e il Pd che ha vissuto male le fuga in avanti del premier Conte per risolvere la questione.
L’intesa sembra essere invece essere stata apprezzata senza condizioni dai mercati, con il titolo di Atlantia che ha guadagnato più del 20 per cento.
Alessandro Martegani
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