Le risate dei bambini e non solo, le lunghe code davanti alle attrazioni, l’emozione delle giostre e delle montagne russe sembrano un ricordo sempre più lontano, ma i parchi a tema, fermi da ottobre in Italia, si stanno già preparando a ripartire.
Se la Disney ha compensato la chiusura dei suoi parchi nel mondo con il successo dei prodotti in streaming, in Italia le cose sono molto più difficili, soprattutto per le strutture più piccole, e il giorno della riapertura è atteso con impazienza ma anche con fiducia.
C’è però bisogno di programmare la ripresa, e il comparto, che conta circa 230 strutture tra parchi a tema, faunistici ed acquatici, chiede date se non certe, perlomeno indicative sulla riapertura che, assicurano i gestori, avverrà in sicurezza: “I bambini e le loro famiglie non vedono l’ora di tornare a divertirsi nei nostri parchi – spiega Giuseppe Ira, Presidente dell’Associazione dei Parchi Permanenti Italiani e di Leolandia, parco a tema nei pressi di Bergamo - e noi siamo pronti ad accoglierli in totale sicurezza. Le attività si svolgono all’aperto, con ampi spazi a disposizione e sotto il controllo di personale preposto, a differenza di quanto può accadere nelle aree gioco dei parchi pubblici o, più semplicemente, per strada. Contingentiamo gli ingressi per evitare ogni rischio di assembramento e abbiamo predisposto severi protocolli di sicurezza che hanno già ampiamente dimostrato la loro efficacia lo scorso anno”.
“Per essere operative – ha però precisato Ira – le nostre strutture hanno bisogno di almeno sei settimane di preavviso e ci aspettiamo a breve termine indicazioni adeguate in merito alle prospettive di riapertura per le nostre aziende”.
L’Associazione dei Parchi Permanenti Italiani ha incontrato il neo Ministro italiano del turismo, Massimo Garavaglia, che avrebbe assicurato la sensibilità del Governo verso le problematiche dei parchi permanenti, che rappresentano un settore importante per il turismo italiano: secondo l’Associazione “nel 2019 i parchi permanenti hanno generato un giro d’affari di 400 milioni di euro e 25 mila posti di lavoro diretti, cifre che salgono rispettivamente a un miliardo di euro e 60 mila occupati considerando l’indotto composto da hotel, ristorazione, merchandising, e manutenzione". Nello stesso anno le strutture hanno ospitato 20 milioni di visitatori italiani, 1.5 milioni di visitatori stranieri e 1.1 milioni di pernottamenti in hotel.
Numeri che però hanno subito una brusca frenata nel 2020: lo scorso anno il 20 per cento dei parchi ha rinunciato completamente alla stagione, con una perdita di 10.000 posti di lavoro e 5 realtà italiane sono passate sotto il controllo di gruppi d'investimento stranieri. Una situazione che si aggrava se si guarda alle realtà piccole e medie, che hanno subito perdite pari all’80 per cento.
Il governo italiano starebbe anche valutando la richiesta dell’industria dei parchi divertimento che, pur giocando un ruolo importante nel sistema dell’offerta turistica italiana, sono ancora inseriti nella categoria “Circhi e Spettacoli Viaggianti” e fanno capo Beni Culturali anziché al settore del Turismo, con penalizzazioni dal punto di vista dei finanziamenti a partire dai ristori annunciati dal governo.
Alessandro Martegani