Anche chi non collabora con la giustizia deve poter godere dei permessi e delle altre agevolazioni, a patto che abbia rotto ogni legame con le organizzazioni mafiose.
È questa la posizione della Corte costituzionale italiana sul cosiddetto “ergastolo ostativo”, un istituto creato in Italia per isolare i mafiosi che non collaborano con la giustizia, e a cui venivano negati permessi o altri benefici.
L’ergastolo ostativo era stato giudicato illegittimo dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che aveva invitato il governo italiano a correggere la normativa, suscitando durissime reazioni da parte di quasi tutte le forze politiche che avevano accusato i giudici europei di non conoscere la realtà mafiosa, che richiede il totale isolamento dei boss che non si pentono. Ora però anche la Corte costituzionale italiana sembra seguire la linea europea: la mancata collaborazione con la giustizia, dicono i giudici della Consulta che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'Ordinamento penitenziario, non impedisce i permessi premio per chi è sottoposto all'ergastolo ostativo, a patto che non ci siano collegamenti con la criminalità organizzata. La “pericolosità sociale" del detenuto andrà dunque valutata volta per volta dal magistrato di sorveglianza.
La reazione del governo è stata immediata, di stupore e dissenso con i giudici costituzionali: “Qualcuno sostiene che con il carcere duro si ledono diritti umani, ma noi non siamo d'accordo”, ha detto Luigi Di Maio. “Rispettiamo la sentenza della Corte ma faremo una battaglia perché chi è in galera con il carcere duro ci rimanga”.
Anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha parlato di una sentenza “un po' stravagante”, mentre per Matteo Salvini la sentenza sui permessi premio agli ergastolani “è devastante e – ha aggiunto - cercheremo di smontarla con ogni mezzo legalmente possibile”.
Attualmente, secondo i dati pubblicati dal Corriere della Sera, sarebbero 1.106 i condannati al carcere duro che potenzialmente potrebbero accedere a permessi e altre agevolazioni, fra gli altri i boss Leoluca Bagarella e Raffaele Cutolo, gli stragisti Filippo e Giuseppe Graviano, autori delle stragi del 1993 a Firenze, Milano e Roma, Giovanni Riina, figlio di Totò, e i casalesi Francesco "Sandokan" Schiavone e Michele Zagaria.


Alessandro Martegani


Foto: Reuters
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