Il ministro dell'Interno italiano, Luciana Lamorgese, ha spiegato che "l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ha avviato il censimento dei beni confiscati in gestione, che possono essere destinati in tempi brevi, anche in via temporanea, per accogliere i profughi".
Tra questi beni anche immobili trasferiti ai Comuni, ma non ancora utilizzati, che saranno ritenuti idonei a fronteggiare l'emergenza umanitaria. Sono oltre 17mila i primi profughi giunti in Italia; diversi pullman sono arrivati a Roma e molte persone hanno potuto riabbracciare i propri congiunti già presenti sul territorio italiano.
Tra i valichi utilizzati per arrivare anche quello di Fernetti che ha visto transitare in questi giorni di guerra circa 6.000 profughi. I dati sono stati diffusi dal questore di Trieste, Irene Tittoni. L'invasione russa ha portato un milione e mezzo di persone alla fuga, per la maggior parte dei casi si tratta di donne e bambini.
Consistente il numero di nuclei famigliari, che vengono gestiti con le procedure sanitarie ancora in vigore e previste per il Covid-19, come i tamponi, che quindi complicano un po' la macchina dell'accoglienza messa in atto dalla polizia. In questa prima fase le persone vengono inviate a cinque giorni di quarantena, in modo da coniugare l'accoglienza con la sicurezza della cittadinanza.
Ai sindaci è stato intanto chiesto di reperire tutti gli immobili sfitti e adibirli a centro di accoglienza proprio per fornire aiuto a tutti coloro che stanno fuggendo dalla guerra. La Caritas ha messo a disposizione 80 posti letto ed in diversi comuni sono stati allestiti dei veri e propri punti di triage sanitario. Sono inoltre moltissime le associazioni che si stanno occupando in queste ore di raccogliere qualsiasi genere di bene possa essere utile.
Sull'accoglienza è intervenuta anche l'Ics - Consorzio Italiano di Solidarietà, che ha chiesto che i profughi vengano inseriti nella società, evitando di ricorrere il più possibile all’allestimento ad hoc di strutture collettive, tanto costose per i cittadini quanto inadeguate, perché creano isolamento sociale per tutti, specie per famiglie e minori, mentre sarebbe una scelta migliore - sottolinea Ics - optare per l'“accoglienza diffusa”, in appartamenti di piccole e medie dimensioni, che possano ospitare appunto le famiglie ucraine.
Davide Fifaco